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Se bastassero i racconti dei fratelli Savi, non ci sarebbe più bisogno di indagare sui delitti della Uno Bianca.
Infatti sarebbe sufficiente dire che gli imputati sono reo confessi, le armi assassine erano in loro possesso e che le narrazioni dei fatti erano più o meno coincidenti.
Ma ridurre il capitolo della Uno Bianca ai soli fratelli Savi, di cui furono solamente una parte, è riduttivo oltre che fuorviante.
La retorica ufficiale ha da sempre proposto a più riprese la tesi della impresa criminale a natura familiare.
Favoletta che lascia il tempo che trova.
Per cercare di dare una lettura completa occorre, come sta facendo la procura di Bologna, spostare l’attenzione sulla ben più ampia pista della Falange Armata, dell’eversione e dell’eventuale presente di componenti mai scoperti, forse anche dei servizi segreti.
Secondo l’ex magistrato Giovanni Spinosa, componente della Direzione Distrettuale Antimafia a Bologna e titolare delle inchieste sulla Uno Bianca, i fratelli Savi (Roberto, Alberto, e Fabio, tutti poliziotti), come più volte dimostrato, non conoscono tutti i soggetti e le vicende legate alla Uno Bianca.
Tra il 1987 e il 1994 la Uno Bianca compì 82 azioni delittuose, uccise 24 persone e ne ferì oltre 100 tra Bologna, Romagna e Marche. In mezzo a questi episodi di violenza trova porto, purtroppo, anche la strage del Pilastro, avvenuta il 4 gennaio del 1991: nella periferia di Bologna, sotto una pioggia di 222 proiettili, caddero i carabinieri Andrea Moneta, Mauro Mitilini e Otello Stefanini. Anche su questa tragica vicenda i dubbi sono ancora molti.
La procura di Bologna ha riaperto recentemente le indagini: i familiari delle vittime hanno presentato un esposto a tre diverse Procure, oltre quella di Bologna anche quella nazionale Antiterrorismo e quella di Reggio Calabria, che indagò sulla Falange Armata.
Assistiti dagli avvocati Alessandro Gamberini e Luca Moser sono riusciti ad ottenere la riapertura dell’inchiesta. Il fascicolo è a carico di ignoti e gli inquirenti hanno ipotizzato il reato di concorso in omicidio volontario nelle stragi messe a segno dalla banda della Uno Bianca. L’ex magistrato Spinosa, intervistato da Dark Side, ha detto che “la Uno Bianca è uno spaccato di una vicenda molto più complessa, che è la vicenda della Falange Armata” che, com’è noto, emanò comunicati con cui rivendicò omicidi e stragi. Basti ricordare l’omicidio dell’educatore carcerario Umberto Mormile, l’11 aprile 1990, oppure il duplice omicidio nell’armeria di Via Volturno a Bologna del 2 maggio 1991. Dopo la strage del Pilastro la Falange anticipò, l’8 gennaio 1991, una prossima azione a Vicenza, quando vennero assassinati i coniugi Pierangelo Fioretto e Mafalda Begnozzi, il 25 febbraio 1991. Spinosa, ha detto che la stessa “strage di Capaci riprende i contenuti del comunicato annunciato nella strage del Pilastro, ovvero l'attacco alla classe politica. E la stessa strage del Pilastro è annunciata in un comunicato che segue una presa di posizione della Falange Armata sulla legge Gozzini che è uno dei grandi temi della Falange Armata, che è contraria alla legge Gozzini perché, sostiene la falange armata, la legge Gozzini crea delle disparità all'interno delle strutture carcerarie e consente agli educatori carcerari di creare delle disparità”. Tornando all’apertura delle indagini da parte dei magistrati di Bologna Spinosa si è espresso dicendo di considerare tale iniziativa come “positiva”, tuttavia “se l'iniziativa vuole ricalcare vecchie piste come quello che ho letto sui giornali allora siamo completamente fuori strada” ha detto. “Ho letto - ha continuato - che ci si affida alle dichiarazioni di un tale Paolo Steriti”, un “condannato con sentenza passata in un giudicato in cui lo si definisce un personaggio ad uso a comportamenti palesemente depistatori”. Il riferimento è un episodio di rapina “a un casello autostradale che sarà la prima rapina, sempre ad un casello autostradale, in cui la Uno Bianca spara. Lui parla di una rapina nel 1984. Questo stesso casello viene rapinato della uno bianca nel 1987 - i fratelli Savi dicono di averlo fatto loro ma poi non ricordano proprio nulla - in questa rapina nell'84 Paolo Steriti consegna una pistola al rapinatore, che è Osvaldo Broccoli”, la persona che ha sequestrato Giuseppe Soffiantini, lui e i suoi figli durante il rapimento furono vittime di un'estorsione da parte del generale dei carabinieri Francesco Delfino.
Paolo Steriti
, ha ripreso Spinosa, è un personaggio che ha comunicato precisi dettagli sulla macchina di Fabio Savi compreso il modello dell’auto (Alfetta 2000) e il numero di targa. Tuttavia “Paolo Steriti ha raccontato che l’Alfetta 2000 di Fabio Savi era di colore amaranto” quando in realtà era di “colore blu olandese. Non ci si può confondere. È evidente che ci si sta muovendo nella logica calunniatoria di questo personaggio per creare delle piste alternative e per creare delle cortine fumogene”.
Per questo e altri motivi l’ex magistrato consiglia “una rilettura dei comunicati della Falange Armata, che sono espliciti su tanti delitti della Uno Bianca”. Certamente il contesto non sarà semplice da affrontare: “Ci troviamo di fronte a un uso poliedrico della Uno Bianca, prima per utilizzarla per creare una espansione terroristica del messaggio falangista, poi per mimetizzarlo come opera di mitomani”.

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