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L’inchiesta scaturita da un esposto dei familiari delle vittime

Oggi è il giorno in cui si commemora la strage del Pilastro: il 4 gennaio del 1991, nella periferia di Bologna, sotto una pioggia di 222 proiettili, caddero i carabinieri Andrea Moneta, Mauro Mitilini e Otello Stefanini. Anche su questa tragica vicenda i dubbi sono ancora molti dubbi.

Ed è su questo punto che insistono i familiari delle vittime in un esposto presentato a maggio scorso a tre diverse Procure, oltre quella di Bologna anche quella nazionale Antiterrorismo e quella di Reggio Calabria, che indagò sulla Falange Armata.

Assistiti dagli avvocati Alessandro Gamberini e Luca Moser sono riusciti ad ottenere la riapertura delle indagini. Il fascicolo è a carico di ignoti e gli inquirenti hanno ipotizzato il reato di concorso in omicidio volontario nelle stragi messe a segno dalla banda della Uno Bianca. Di questo abbiamo parlato in un precedente articolo.

"Finalmente qualcosa si muove. Di fronte a tanta sofferenza e a tanti morti innocenti, credo che le istituzioni abbiano l’obbligo di darci una risposta. Perché su questa storia sono stati commessi errori madornali e inspiegabili", ha detto Ludovico Mitilini, fratello di Mauro, uno dei tre carabinieri ammazzati al Pilastro. Insieme ad altri familiari delle vittime, è tra i firmatari dell’esposto presentato otto mesi fa a tre diverse Procure per chiedere la riapertura delle indagini sui delitti dei fratelli Savi. La voglia di verità è molta: ha ribadito che "eventuali complici dei Savi potrebbero essere a piede libero e devono essere assicurati alla giustizia". E aggiunge: "Ho massima fiducia nella magistratura e sul lavoro che farà". Sul Pilastro, per Mitilini ci sono ancora troppe ombre: "Come si fa a credere che i Savi siano andati, armati di tutto punto, a rubare delle armi? È un movente a cui credo poco, penso ci sia dell’altro". Quella notte, ad esempio "furono viste altre persone che non sono mai state identificate ed è sparito il foglio di servizio della pattuglia. E poi c’è la questione del quarto uomo dietro la Coop, notato da diversi testimoni, che partecipò allo scambio d’auto. Non è mai stato identificato, così come non è mai stata ritrovata l’Alfa 33 su cui scapparono i Savi. Entrambi - ha concluso - andrebbero cercati".

"Dietro la banda della Uno Bianca c'erano altri complici, persone che sono ancora in giro" ha invece detto all'AGI Alessandro Stefanini, fratello di Otello. "La notizia della riapertura delle indagini da parte della Procura di Bologna - ha sottolineato -, speriamo anche grazie al nostro esposto, ci dà un po' di fiducia e confidiamo anche che i tempi saranno stretti". "Noi siamo a disposizione - ha assicurato Stefanini - ad aiutare la magistratura a vederci chiaro". Per Stefanini, sarebbe necessario interrogare "di nuovo alcune persone che sono fondamentali, tra cui l'ex vice brigadiere Macauda che sicuramente sa di più di quanto ha detto quando è stato arrestato". Stefanini parla anche dell'assassinio del fratello Otello. "I lati oscuri sono molti - ha spiegato -: ad esempio non sappiamo perché mio fratello e gli altri due carabinieri che erano con lui, che dovevano essere fermi davanti a una scuola, invece siano arrivati al Pilastro. Un fatto che lascia dei dubbi come se fossero stati attirati in un'imboscata".

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