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Si pretendono dichiarazioni di antifascismo da chi non se la sente. Si pretendono abiure da chi, per ottant'anni, ha coccolato il ricordo di un passato che non torna. La fiamma che continua ad ardere, allora come oggi, ne è il simbolo evidente, esibito, sfacciato.
Se non si parte da questa evidenza, non se ne viene a capo.
Quando tutti gli esponenti politici di governo che oggi non digeriscono il ricordo della Resistenza, ricordano che al vecchio Movimento Sociale fu riconosciuto il diritto di presentarsi alle elezioni, eleggere i propri rappresentanti in Parlamento, uscire dal ghetto degli "sconfitti" in cui si erano relegati da soli, abbracciando i deliri mussoliniani, i deliri hitleriani, la pagina sporca della Repubblica di Salò, dicono una cosa vera, esatta.
Fu infatti Palmiro Togliatti, a Liberazione avvenuta, a volere quel gran "perdono" nazionale destinato a rimettere in marcia l’Italia, portandosi dietro quei compagni di viaggio che però avevano giurato vendetta.
I fascisti del giorno prima, rientrarono in partita il giorno dopo, a tempo record, raggiungendo, con la complicità di buona parte della Democrazia Cristiana dell’epoca, posizioni apicali nelle istituzioni che nascevano dalle ceneri del fascismo.
A molti potrà non piacere, ma andò così.
Non occorre essere storici per conoscere queste banalità che tutti gli italiani di una certa età, indipendentemente dal loro pensiero politico, conoscono benissimo.
E come non bastasse, in quella riabilitazione voluta da Togliatti, giocarono un ruolo fondamentale, gli Stati Uniti d’America.
Rottura del blocco delle alleanze che avevano sconfitto il nazifascismo, guerra fredda, la cortina di ferro, il muro di Berlino, l’Unione Sovietica che, al posto della Germania ormai sconfitta, divenne il nemico numero uno dell'Occidente, con i confini che aveva all’epoca, fornirono un formidabile propellente per i nostalgici del ventennio fascista.
E’ forse utile ricordare che per trent’anni l'uomo Cia in Italia, e mentre la guerra era ancora in corso, fu tal James Jesus Angleton, un messicano di frontiera, fervente conservatore, con un culto maniacale della segretezza, anticomunista, amico personale del principe nero Junio Valerio Borghese, che plasmò immediatamente la struttura dell'intelligence americana, all’inizio si chiamava Oss, attingendo a piene mani nel serbatoio degli ex gerarchi mussoliniani. Serbatoio, detto per inciso, al quale attinsero anche a piene mani i servizi segreti italiani di quegli anni.


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Poi, a metà degli anni '70, Angleton fu travolto in America da scandali e commissioni d’inchiesta e fu la Cia stessa a licenziarlo; ma il discorso si farebbe lungo.
Solo per dire che quelli che oggi non se la sentono di dichiararsi antifascisti, hanno le loro buone ragioni. Sono convintissimi - e forse non hanno tutti i torti - di avere giocato un ruolo di un certo rilievo nella storia d’Italia negli ultimi decenni.
Va anche sottolineato che l’Italia fu, sin da subito, a guerra finita, un paese politicamente double face. 
A Genova, a ovest, c’era il punto di raccolta della cosiddetta “via dei topi”, attraverso la quale si mettevano in salvo i torturatori nazisti, tedeschi e austriaci, che erano riusciti a sfuggire agli eserciti alleati. Raggiungevano il Brasile, l’Argentina e l’Uruguay, dopo avere ottenuto identità e documenti falsi grazie alla complicità della Croce Rossa, e ospitalità grazie alle suore dei conventi genovesi.
A est, invece, da Bari e Taranto, partivano le navi cariche di armi destinate ai terroristi dell'Haganah che si battevano contro il protettorato inglese in Palestina, in vista della creazione dello Stato di Israele.
In entrambi i casi, polizia e carabinieri italiani avevano ordine dall’alto di tenere gli occhi chiusi.
In entrambi i casi, per conto della Cia, Jesus Angleton smistava il traffico.
E - paradossi della storia - gli israeliani di quegli anni non disdegnavano affatto la collaborazione dei fascisti italiani.
Storie di intrecci complicati, allora; a non rinvangare gli anni dello stragismo e delle bombe, nere e rosse che furono.
Il succo è che restiamo un paese politicamente double face. 
Dove un quarto degli italiani - grazie alla legge elettorale denominata “rosatellum”, dal nome di un dirigente Pd che ancora calca la scena - ha mandato alla guida del paese i nostalgici di quelli che Togliatti “perdonò” e l’America mise prontamente sotto contratto.
Il 25 aprile resta la data di quegli altri tre quarti degli italiani che, senza tergiversare o tentennare, risponderebbero “si” alla domanda: "Lei è antifascista"?
Che volete che vi rispondano la Meloni o La Russa? A quei tempi vi diranno - bene che va- che erano politicamente in fasce. Anche se non è male, visto gli sconquassi che stanno provocando, tenerli costantemente sotto osservazione.

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La rubrica di Saverio Lodato

Foto © Paolo Bassani

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