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Il giornalista di La7 fa un bilancio degli ultimi 30 anni: “Se tocchi il rapporto tra criminalità e istituzioni, scattano subito i freni”

A 30 anni dalle stragi di mafia che hanno modificato radicalmente l’assetto socio-politico del Bel Paese, il giornalista Andrea Purgatori, intervistato da Osvaldo Baldacci per il Giornale di Sicilia, parlando di “complicità ancora attive”, prova a fare un bilancio degli ultimi tre decenni trascorsi tra arresti eccellenti e ricostruzioni talvolta inconcludenti.

Tra teorie che si dividono e commemorazioni che attirano soprattutto gli amanti delle passerelle, sono ancora troppi i perché che attendono risposte.

Domande che, come sottolinea Purgatori, attendono risposte da prima delle stragi di Capaci e Via D’Amelio. “Ci sono varie teorie; - commenta il giornalista - molti tra cui la figlia di Paolo Borsellino, Fiammetta, pensano che sia stato ucciso per il dossier mafia-appalti. Io invece con qualche magistrato penso alla cosiddetta trattativa Stato-mafia, inaccettabile per un uomo come Borsellino. Dopo 30 anni ci facciamo ancora queste domande. In realtà da molto prima, dai delitti eccellenti, da Piazza Fontana e altre stragi.” - prosegue - “Ogni volta che si tocca il rapporto tra terrorismo o criminalità e istituzioni scattano i freni che impediscono di avere una fotografia completa”.

Durante l’intervista con il giornalista Baldacci, Purgatori condivide alcune considerazioni a distanza di pochi giorni dalla sentenza del Tribunale di Caltanissetta sui depistaggi di Via D’Amelio. “Abbiamo certezza di alcuni depistaggi come nel caso di Via D’Amelio, però non è soltanto quel caso. La cosa scandalosa è la zona grigia che c’è intorno a questi avvenimenti.” - prosegue - “Perché Falcone non è stato ucciso a Roma dove era più facile per dei sicari inviati da Riina ma si è preferito quel modo spettacolare in Sicilia?  Perché Riina contro il parere dei suoi, dopo 57 giorni, ha detto che dovevano uccidere Borsellino, una mossa strategicamente dannosa? Chi gli aveva detto che lo dovevano fare?

Intanto, anche se per le strade di Palermo si torna a sparare, il modus operandi della mafia è diventato molto più prudente, quasi silente; spostando parte delle sue attenzioni nelle regioni del nord Italia, soprattutto, quelle che consentono maggiori guadagni grazie alle attività criminali radicate sui territori.

Pertanto, come ribadito dal giornalista Andrea Purgatori, quello della mafia è un tema che “non possiamo considerare chiuso”. Riferendosi a Matteo Messina Denaro, il boss più pericoloso e ricercato al mondo, Purgatori sottolinea come alcuni elementi siano l’espressione di collaborazioni ancora attive tra la compagine mafiosa e quella istituzionale: “Matteo Messina Denaro è ancora latitante e alcuni magistrati pensano che questo dipenda dalle carte segrete su quegli anni che tiene con sé come assicurazione. Questo ci dice che le complicità non sono storia ma sono ancora attive”.

Di questo e molto altro si parlerà all’evento dal titolo "A 30 anni dalle stragi: questione criminale e questione democratica. L’altra storia”.

Al dibattito che si terrà nell’atrio della biblioteca comunale di Palermo il 19 Luglio alle 20:30, parteciperà lo stesso giornalista Andrea Purgatori insieme all'ex Procuratore Generale di Palermo Roberto Scarpinato, al giornalista Sigfrido Ranucci ed altri ospiti illustri.

Foto © Paolo Bassani

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