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La giornalista che ha seguito da vicino il caso Wikileaks spiega i pericoli che minacciano chi osa sfidare il potere

Non solo i giornalisti più audaci, ma anche attivisti e membri di varie associazioni, sono costretti a subire le conseguenze di chi osa sfidare il potere. Sicuramente, il caso di Julian Assange, il fondatore di Wikileaks che ha rivelato al mondo intero i segreti inconfessabili che imbarazzano gli uomini di potere, rappresenta un esempio eclatante, ma anche intimidatorio per altri che, come lui, vorrebbero intraprendere la strada della verità e della libera informazione. Ne hanno parlato durante una recente diretta streaming sul canale Youtube de Il Fatto Quotidiano i giornalisti Mario Portanova e Stefania Maurizi, autrice di un libro che ha saputo raccontare perfettamente una storia complessa come quella di Assange, dal titolo: “Il potere segreto. Perché vogliono distruggere Julian Assange e Wikileaks” (ed. Chiarelettere). Nel 2019 Assange è stato rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, il penitenziario più duro del Regno Unito e luogo di detenzione per i terroristi ritenuti tra i più pericolosi al mondo, in attesa del verdetto finale dell’High Court di Londra, il Tribunale londinese chiamato a decidere sull’estradizione del fondatore di Wikileaks negli Stati Uniti. Dove, ad attenderlo, ci saranno fino a 175 anni di carcere per la violazione dello Espionage Act: una legge statunitense del 1917 pensata e voluta per punire i traditori che condividono informazioni sensibili con il nemico. “Siamo tutti in attesa di questa sentenza - ha sottolineato Maurizi -. L’udienza si è svolta il 20 e 21 febbraio scorso con delle modalità per noi giornalisti, ma anche per i parlamentari e le  ONG che hanno seguito il caso, veramente complicate. Le autorità inglesi - ha sottolineato la giornalista - hanno messo in pratica delle modalità che hanno toccato il fondo. La sentenza potrebbe arrivare in qualsiasi momento, ma nessuno è in grado di sapere quando”. Mentre il sostegno di attivisti, ONG e cittadini non accenna a diminuire, il mondo intero attende con ansia il verdetto dell'Alta Corte di Londra, che potrebbe determinare la fine di Julian Assange. Una decisione che potrebbe avere un impatto significativo anche sul futuro della libera informazione. In molti, infatti, temono che la decisione del Regno Unito possa creare un precedente molto pericoloso, sia per la libertà di stampa che di parola.

Questo caso è una cartina di tornasole. Per questo motivo - ha spiegato Maurizi - tutto il mondo guarda a questo caso per capire la direzione intrapresa dagli Stati Uniti”. Dopo questa sentenza, “a cascata, tutto il mondo riceverà un segnale sulla direzione intrapresa rispetto alla libera informazione, che non è solo la libertà dei giornalisti di poter scrivere, ma anche la libertà dei cittadini di sapere cosa fa il governo con i soldi pubblici”.


Crimini, spionaggio e il ruolo “utile” di Berlusconi

Wikileaks ha acquisito fama nel 2010 con una serie di pubblicazioni che hanno scoperchiato un vaso di Pandora di segreti e intrighi internazionali. Tra le rivelazioni più sconvolgenti, i crimini di guerra commessi dall'esercito statunitense in Iraq e Afghanistan, con l'uccisione di numerosi civili innocenti, bambini compresi. Documenti riservati che hanno svelato le attività segrete della CIA, impegnata a rubare dati informatici, sabotare computer e spiare telefonate e smart tv in tutto il mondo. Non meno scottanti le rivelazioni su Silvio Berlusconi, descritto come un burattino nelle mani degli Stati Uniti per gestire la politica italiana. “Su Berlusconi - ha ricordato Stefania Maurizi - erano presenti dei giudizi tremendi. Dicevano che lui si impegnava automaticamente negli interessi degli Stati Uniti. Ogni volta che il presidente Bush chiamava, poteva sempre fare affidamento su Berlusconi”. Un giudizio tagliente che dipinge l'ex premier come un uomo al servizio di poteri stranieri, a discapito dell'interesse nazionale. Per questo motivo, nonostante le critiche sulla condotta personale dell’ex premier, Berlusconi era considerato dagli americani come una “persona utile”, un alleato prezioso da non inimicarsi. Le informazioni condivise da Wikileaks hanno svelato anche le pressioni degli Stati Uniti sulla politica italiana “per aumentare la spesa militare a scapito di quella sociale: pensioni, scuole, università e salute”. Oppure, quelle per incrementare la presenza delle forze armate italiane in Afghanistan, mentre “poco importa se i servizi segreti italiani sono sospettati di aver pagato mazzette ai talebani e ai signori della guerra in Afghanistan per non farci attaccare”.

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