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L’analisi dell’attore e scrittore di fede ebraica sulla risposta militare di Netanyahu dopo l'attacco di Hamas

Gli ebrei di Israele sono passati dalla memoria delle vittime al vittimismo. Cos’è il vittimismo? Qualcosa che ti giustifica nel compiere i crimini peggiori perché sei la vittima”. Sono state queste le parole che l’attore e scrittore Moni Ovadia ha utilizzato durante il suo intervento sul canale YouTube di Alessandro Di Battista per analizzare le modalità con le quali Israele sta colpendo il popolo palestinese a Gaza. Recentemente, Il Fatto Quotidiano ha diffuso la notizia di Al Jazeera riguardante il ritrovamento a nord della Striscia di Gaza di una fossa comune con all’interno i corpi di almeno 30 palestinesi, ammanettati e messi all’interno di “sacchi di plastica neri”. Già nel 1948, dopo la proclamazione dello Stato di Israele all'ONU, “nessuno ha chiesto il parere dei palestinesi. Avrei voluto vedere qualsiasi altro paese del mondo - ha sottolineato Ovadia -. In quella situazione, chiunque avrebbe reagito come hanno fatto i palestinesi”. A partire da quell’anno, con la proclamazione dello Stato di Israele, “è iniziato il progetto di espandere il territorio che l’ONU ha assegnato alla parte ebraica di Israele attraverso azioni di cinismo, violenza e spregiudicatezza”, culminato proprio in quel periodo con la nakba: “l’espulsione dalle loro case, dalle loro terre e dai loro orizzonti topografici di metà della popolazione palestinese: 750mila esseri umani”. “Dopo la guerra dei sei giorni - ha proseguito  Ovadia - nasce l’alleanza organica con gli Stati Uniti, i quali, a partire da quel momento, legittimano tutti i crimini perpetrati dagli israeliani contro i palestinesi, insieme a tutte le violazioni delle risoluzioni dell’ONU, oltre che dei più elementari diritti internazionali”. Oggi, all’interno di un conflitto il cui obiettivo israeliano sembra essere quello di cacciare via i palestinesi da Gaza - almeno quelli rimasti ancora in vita - piuttosto che combattere Hamas, dall’ex Primo ministro di Israele, Menachem Begin, passando per Yitzhak Shamir, fino all'attuale Primo ministro, Benjamin Netanyahu, “tutti hanno operato con l’intento di far sparire i palestinesi”. In maniera progressiva, “la politica israeliana ha incrementato la sua vessazione del popolo palestinese con arresti amministrativi eseguiti senza processo, con espropriazioni illegali, con torture e violenze di ogni genere che hanno reso la vita del popolo palestinese un vero inferno”. Intanto, dal 7 ottobre ad oggi, sono oltre 35mila i palestinesi che hanno perso la vita, di cui - ha reso noto “EuroMed Human Rights Monitor” - oltre 13 mila sono bambini. Ai quali vanno aggiunti anche 121 giornalisti uccisi dai raid israeliani. “Tutte le voci del mainstream hanno ribadito che Israele ha il diritto di difendersi, ma non è quello che Israele chiede - ha commentato Ovadia -. Israele chiede il diritto all’impunità, cioè il diritto di poter fare qualsiasi cosa voglia, come imprigionare, massacrare, devastare, torturare, espellere e qualsiasi altra cosa. Mentre, se sulla base dei fatti e dei numeri critichi l’operato di Israele, ti danno anche dell’antisemita”.

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