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L’intervento del pontefice alla Cop 28: “Assistiamo a posizioni rigide se non inflessibili, che tendono a tutelare i ricavi propri e delle proprie aziende

Ciò che vale per la cura del creato vale oggi anche per la pace: “Sono le tematiche più urgenti e sono collegate. Quante energie sta disperdendo l'umanità nelle tante guerre in corso, come in Israele e in Palestina, in Ucraina e in molte regioni del mondo: conflitti che non risolveranno i problemi, ma li aumenteranno! Quante risorse sprecate negli armamenti, che distruggono vite e rovinano la casa comune! Rilancio una proposta: con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e realizzare attività che promuovano lo sviluppo sostenibile dei Paesi più poveri, contrastando il cambiamento climatico". La proposta è di Papa Francesco alla Cop28. Nel suo discorso letto a Dubai dal Segretario di Stato, card. Pietro Parolin, Francesco ha ricordato che è "compito di questa generazione prestare orecchio ai popoli, ai giovani e ai bambini per porre le fondamenta di un nuovo multilateralismo. Perché non iniziare proprio dalla casa comune? I cambiamenti climatici segnalano la necessità di un cambiamento politico. Usciamo dalle strettoie dei particolarismi e dei nazionalismi, sono schemi del passato. Abbracciamo una visione alternativa, comune: essa permetterà una conversione ecologica, perché non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali. Assicuro in questo l'impegno e il sostegno della Chiesa cattolica, attiva in particolare nell'educazione e nel sensibilizzare alla partecipazione comune, così come nella promozione degli stili di vita, perché la responsabilità è di tutti e quella di ciascuno è fondamentale".
La crisi climatica non rischia solo di distruggere il Pianeta, ma proprio per le sue conseguenze può generare “un conflitto tra le generazioni”, con quelle più giovani destinate a pagare per le azioni o inazioni di oggi. “Sono con voi per porre la domanda a cui siamo chiamati a rispondere ora: lavoriamo per una cultura della vita o della morte? - ha aggiunto il pontefice - Vi chiedo, in modo accorato: scegliamo la vita, scegliamo il futuro. Ascoltiamo il gemere della terra, prestiamo ascolto al grido dei poveri, tendiamo l’orecchio alle speranze dei giovani e ai sogni dei bambini. Abbiamo una grande responsabilità: garantire che il loro futuro non sia negato. Il clima impazzito suona come un avvertimento a fermare questo delirio di onnipotenza. Torniamo a riconoscere con umiltà e coraggio il nostro limite quale unica via per vivere in pienezza”. Per questo “è compito di questa generazione prestare orecchio ai popoli, ai giovani e ai bambini per porre le fondamenta di un nuovo multilateralismo. Perché non iniziare proprio dalla casa comune?”.
Un percorso arduo da intraprendere per “le divisioni che ci sono tra noi”. “Ma un mondo tutto connesso, come quello odierno, non può essere scollegato in chi lo governa, con i negoziati internazionali che non possono avanzare in maniera significativa a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale”. Secondo il Papa, “assistiamo a posizioni rigide se non inflessibili, che tendono a tutelare i ricavi propri e delle proprie aziende, talvolta giustificandosi in base a quanto fatto da altri in passato, con periodici rimpalli di responsabilità. Ma il compito a cui siamo chiamati oggi non è nei confronti di ieri, ma nei riguardi di domani. Di un domani che, volenti o nolenti, o sarà di tutti o non sarà”.
Guai, infine, ad accusare i poveri e il tasso di natalità tendenzialmente più alto nelle popolazioni più indigenti. I numeri, ricorda il Papa, dicono l’esatto contrario: “Colpiscono, in particolare, i tentativi di scaricare le responsabilità sui tanti poveri e sul numero delle nascite. Sono tabù da sfatare con fermezza. Non è colpa dei poveri, perché la quasi metà del mondo più indigente è responsabile di appena il 10% delle emissioni inquinanti, mentre il divario tra i pochi agiati e i molti disagiati non è mai stato così abissale. Questi sono in realtà le vittime di quanto accade: pensiamo alle popolazioni indigene, alla deforestazione, al dramma della fame, dell’insicurezza idrica e alimentare, ai flussi migratori indotti”, ha concluso il pontefice.

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