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187 paesi votano contro l’embargo, ma l’Ucraina si astiene. Intanto si contano i danni: 4,9 miliardi di dollari

Pochi giorni fa, come ogni anno, l'assemblea generale dell’ONU ha approvato nuovamente e con larghissima maggioranza la risoluzione per la fine dell'embargo economico e commerciale degli USA contro Cuba, che dura da oltre sei decenni. Rispetto ai 187 voti a favore, hanno votato contro solo Stati Uniti e Israele, mentre l’Ucraina si è astenuta. Anche per la risoluzione del 2022, Stati Uniti e Israele hanno espresso voto contrario, insieme all'astensione dell’Ucraina e del Brasile, in quel momento guidato da Jair Messias Bolsonaro. Il ministro degli Esteri di Cuba, Bruno Rodriguez, intervenuto prima del voto, ha denunciato il blocco poiché - ha fatto sapere AGI - “viola il diritto alla vita, alla salute, all'istruzione e al benessere di tutte le cubane e cubani”, costituendo “un atto di guerra in tempo di pace”. Gli effetti, d'altronde, sembrano essere proprio quelli di una guerra. I danni causati dalla politica unilaterale degli Stati Uniti contro Cuba - ha ricordato “Il Fatto Quotidiano” -  ammontano a 159 miliardi di dollari. Secondo il rapporto delle Nazioni Unite, nel periodo compreso tra marzo 2022 e febbraio 2023, “il blocco ha causato danni a Cuba stimati nell’ordine di 4,9 miliardi di dollari”. Questo si traduce in un impatto di “oltre 405 milioni di dollari al mese, oltre 13 milioni di dollari al giorno e più di 555mila dollari ogni ora”.

Un’economia in ginocchio
Una delle principali entrate economiche dell’isola caraibica è sempre stato il turismo, ma con il Covid prima e la crisi in Ucraina poi, che ha difatti annullato gli aiuti da parte della Russia, il  prodotto interno lordo cubano è stato affossato ulteriormente, mentre la produzione interna è calata del 40%. Effettivamente, l’embargo imposto dagli USA ha causato una drastica diminuzione delle esportazioni, determinando un significativo calo delle entrate necessarie all'importazione di beni fondamentali come cibo, medicinali e carburanti, di cui l'isola è carente. In particolare, proprio la scarsità di carburante costituisce un problema enorme per i cubani, che si trovano costretti a dover convivere con una crisi energetica che determina il costante aumento di blackout giornalieri, i quali peggiorano le condizioni di vita, già difficili. Per gli Stati Uniti, che non di rado strizzano l’occhio ai regimi per finalità economiche e politiche, la causa dei mali che affliggono Cuba è il partito comunista e le sanzioni sono una diretta conseguenza; l’unica - secondo Washington - in grado di ripristinare la democrazia e il rispetto dei diritti umani. Intanto, l’inflazione a Cuba è aumentata ulteriormente, arrivando a toccare il 45% rispetto all’anno precedente. Durante la presidenza Obama sono state avanzate delle aperture politiche che avrebbero limitato, oppure rimosso l’embargo. Tuttavia, queste stesse aperture sono state cancellate con l’amministrazione di Donald Trump, il quale ha inserito Cuba tra le nazioni “sponsor del terrorismo”. La stessa direzione politica è stata portata avanti dall’attuale presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ha prorogato tutte le misure che stanno mettendo Cuba in ginocchio. Difatti, a causa delle restrizioni imposte dagli Stati Uniti, Cuba è costretta ad acquistare prodotti essenziali, anche farmaceutici, attraverso intermediari che spesso vendono a prezzi esorbitanti dei prodotti che sono, oltretutto, qualitativamente carenti.

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