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Indice articoli

Da troppo tempo la libertà d’espressione viene violata
medina copia antimafiaduemiladi
Antimafia Dos Mil Paraguay
Vilmar "Neneco" Acosta, il principale mandante dell’omicidio di Pablo Medina ed Antonia Almada, è stato arrestato dalle autorità brasiliane il 16 ottobre 2014, in un’isolata strada rurale di Villa Ygatimí, dipartimento di Canindeyú, al confine con il Brasile, dove il narcotraffico è radicato da decenni. Ora, dopo la cattura di “Neneco” si attende con ansia che si concretizzi presto la sua estradizione. Questo però non basterebbe certamente a mettere la parola fine nella vicenda giudiziaria di questo vigliacco assassinio. Infatti rimangono ancora latitanti gli autori materiali dell’omicidio, così come sono ancora impuni molti personaggi sicuramente coinvolti nel doppio attentato. Personaggi appartenenti al mondo politico? Appartenenti allo Stato? Personaggi influenti e potenti che la fanno da padroni nelle città di frontiera? Personaggi che integrano le file del narcotraffico? Potrebbe essere.    
Per questa e molte altre ragioni, di varia indole, ricordare Pablo Medina e la sua assistente Antonia Almada, ad un anno della sua morte, è un obbligo morale. Ma bisogna ricordarlo con la determinazione della lotta. Con le mani ben salde nell'aratro, aprendo solchi di giustizia nella terra rossa paraguaiana. Solchi profondi per sradicare l'impunità dalla radice. Per sradicare il terrorismo criminale e la corruzione esercitata sfacciatamente da chi è seduto nelle poltrone del potere politico, tradendo le speranze dei popoli e segando vite, come fosse la normalità. È ora di capovolgere lo scenario. Invitiamo quindi tutti a partecipare alla manifestazione a Curuguaty, in memoria di Pablo ed Antonia, e di tutti i giornalisti uccisi dopo l’istaurazione della democrazia in Paraguay. Perché è già da troppo tempo che gli assassini del potere non rispettano né la libertà di espressione né la vita umana. 
20151016 medina manif curuguaty
*Foto de portada:
www.radio970am.com.py

Nota: LA RIVISTA ANTIMAFIA DOS MIL PARAGUAY E LA FAMIGLIA DEL GIORNALISTA PABLO MEDINA INVITANO LA CITTADINANZA AD UNIRSI A QUESTA LOTTA CONTRO IL TRAFFICO DI STUPEFACENTI, CONTRO LE LORO INFILTRAZIONE NELLA POLITICA E QUINDI CONTRO LO SQUILIBRIO CHE PONGONO IN ESSERE I TRAFFICANTI NELLO STATO SOCIALE DI DIRITTO UCCIDENTO LA NOSTRA DEMOCRAZIA.

(3 ottobre 2015)



Bocciato ricorso di Vilmar Acosta presso la Corte Suprema del Brasile
acosta neneco vilmar 3di AMDuemila
La Corte Suprema del Brasile ha bocciato il ricorso presentato da Vilmar Acosta per evitare l’estradizione nel suo paese di origine, Paraguay.

Il Procuratore Generale dello Stato Javier Díaz ha commentato la decisione della Corte alludendo che, a questo punto, rimarrebbe a Neneco un’unica opzione per evitare l’estradizione: chiedere clemenza alla presidente Dilma Rousseff. Ad ogni modo le possibilità di cavarsela, per l’ex sindaco di Ypejhù sono sempre più scarse.

Ricordiamo che “Neneco” Acosta si trova rinchiuso in carcere a Campo Grande (Brasile), dopo il suo arresto avvenuto il 5 marzo di quest’anno. Acosta si era dato alla latitanza subito dopo l’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua giovane assistente Antonia Almada, avvenuto in Paraguay il 16 ottobre del 2014.  Le pratiche per la sua estradizione, iniziate sin da subito, trovarono numerosi ostacoli burocratici a causa della presunta doppia nazionalità dell’ex sindaco di Ypejhù, brasiliana e paraguaiana. Ma il Tribunale ha concluso definitivamente che lui è paraguaiano e quindi si deve sottoporre alla giustizia del suo paese.

I suoi complici, i killer Wilson e Flavio Acosta, fratello e nipote di Vilmar, si aggirano ancora liberi in Paraguay.

Attendiamo che si concluda la storia infinita per l’estradizione di Neneco, sperando che a pochi giorni dal primo anniversario della scomparsa di Medina, quest’uomo metta piede finalmente in terra paraguaiana. Per essere finalmente confinato in una cella dove ci auguriamo sia raggiunto al più presto dai suoi complici.



Il processo a “Neneco” sempre più vicino
acosta e francisco lopezdi Jorge Figueredo - 28 agosto 2015

Secondo le ultime informazioni ufficiali diffuse dai mezzi stampa nel giro di un mese Vilmar "Neneco" Acosta dovrebbe essere consegnato alle autorità. Ciò avverrà all'aeroporto di Campo Grande, capitale dello stato di Matto Grosso del Sur.

Il commissario principale Luis Aria, Capo del Dipartimento Interpol della Polizia paraguaiana ha segnalato ad ABC Color che a seguito della sentenza del Supremo Tribunale Federale, che ha approvato in Brasilia l'estradizione di "Neneco", le nostre autorità devono completare alcune pratiche burocratiche che richiedono circa tre settimane. Secondo Arias: "Il governo del Brasile deve comunicare la consegna all'ambasciata del Paraguay ed alla Cancelleria”.

Una volta che l'accusato metta piede in terra paraguaiana sarebbe trasferito al dipartimento Giudiziario della Polizia per essere poi accompagnato sicuramente alla prigione di Tacumbu. Nel frattempo la polizia prosegue le ricerche degli autori materiali dell'assassinio del giornalista Pablo Medina Velázquez e della sua assistente Antonia Maribel Almada Chamorro, avvenuto il 16 Ottobre dello scorso anno. Secondo informazioni dell’intelligence, i due sicari, Wilson Acosta Marques e Flavio Acosta Riveros, fratello e nipote di Vilmar "Neneco", rispettivamente, si aggirerebbero nuovamente nella periferia di Ypejhu, lungo il confine.

Nonostante la notizia positiva che Vilmar sarà giudicato in Paraguay, tanto la politica come la magistratura stanno facendo ben poco nella lotta contro il narcotraffico e la mafia in generale. Infatti la Camera di Deputati ha confermato la bocciatura del disegno di legge di “extinción de dominio*”, nota come "legge antinarco", che va quindi archiviata.

Apparentemente ha avuto il suo peso la raccomandazione dei consulenti dell'OEA, poiché il progetto elaborato non indicava adeguatamente l'organismo responsabile che dovrebbe amministrare i beni degli accusati di narcotraffico. Motivo per cui elaboreranno un nuovo progetto in breve tempo.

Anche in ambito giudiziario tutto è congelato nel paese. Ieri, i senatori “cartistas” ed alcuni appartenenti al settore liberale hanno abbandonato la sala di riunioni durante la seduta impedendo in questo modo che fosse raggiunto il quorum per la nomina di una nuova terna della Corte.

E come se non ci fossero già abbastanza problemi nel mondo politico, il candidato indigena Anuncio Giesbrecht (ANR) è stato arrestato ieri da agenti della polizia con l'accusa di attentato contra la sicurezza delle persone avendo chiuso la strada lo scorso 25 agosto, in segno di protesta contro la decisione del TEP di proclamare Herbert Funk come candidato a sindaco di Loma Plata.

Quindi, l'imminente venuta in Paraguay di Vilmar "Neneco" Acosta avverrebbe in un clima di protesta politico e giudiziario di permanente conflitto, e dove soprattutto l’assenza di istituzionalità degli organi extra poteri, come il Consiglio della Magistratura e il “Jurado de Enjuiciamiento de Magistrados”, è una costante oltreché la prova che nel paese non esiste un vero stato di diritto.

Pertanto, di fronte alla crisi permanente di legalità che viviamo in Paraguay, sono tutti i cittadini a dover essere vigili e controllare che tutto il processo penale a carico di "Neneco" Acosta si svolga nella più assoluta trasparenza e, soprattutto, nel rispetto delle leggi costituzionali e legali della Repubblica del Paraguay. Non si può permettere che qualcuno possa utilizzare in mala fede le garanzie processuali e gli strumenti giuridici previsti dal Codice Processuale Penale per cercare l'impunità nell’omicidio di Pablo Medina ed Antonia Almada.

La lotta per la Giustizia, per far luce sia su questo omicidio che su quello di tutti i giornalisti assassinati dalla narco politica radicata nel paese, è appena incominciata.

* La Ley de Extinciòn de Dominio prevede la confisca dei beni di provenienza illecita: corruzione, frode, estorsione, sequestro di persona, traffico di sostanze stupefacenti e altri reati tipici della criminalità organizzata.

* Foto di copertina: Vilmar Acosta, in tempi non sospetti (o nei buoni tempi), insieme all’ex capo di Investigazioni della Polizia di Ypejhú, Ufficiale Ispettore Francisco López. Foto pubblicata da www.vanguardia.com



Pronta una cella per “Neneco”
acosta neneco vilmar manette abccolordi Jean Georges Almendras - 27 agosto 2015

A metà settembre o giù di lì, salvo contrattempi, sbarcherà in Paraguay l'ex sindaco di Ypejhú, Vilmar "Neneco" Acosta dopo che lo scorso 25 agosto il Tribunale Supremo del Brasile ha deliberato all'unanimità per la sua estradizione. Una notizia che, appena resa ufficiale dalle autorità brasiliane, è stata resa nota su tutti gli organi d'informazione paraguaiani. All'emittente Abc Color è stata persino effettuata una manifestazione pubblica. I giornalisti si sono radunati di fronte alla sede del giornale, come fecero in quel pomeriggio di ottobre, quando dei criminali misero fine alla vita del loro collega Pablo Medina  e della giovane Antonia Almada.  
Subito dopo il duplice omicidio i cittadini paraguaiani e le autorità identificarono i volti degli assassini: gli esecutori materiali ed i mandanti. I primi erano il fratello di Vilmar Acosta e suo nipote, cioè: Wilson Acosta e Flavio Acosta, attualmente latitanti. In quanto ai mandanti: i sospetti caddero subito sull’ex sindaco della città di Ypejhú, Vilmar Acosta, alias "Neneco", ma non si esclude che altri personaggi della malavita e del sistema politico abbiano preso parte alla decisione di uccidere il giornalista. Esecuzione portata a termine nelle prime ore del pomeriggio del 16 ottobre del 2014, in una zona rurale di Villa Ygatimí, nel dipartimento di Canindeyú.  

Da quel tragico giorno fino al momento di redigere queste righe, molta acqua è passata sotto il ponte. Acqua che ha portato, tra altre cose, la cattura dell'ex sindaco lo scorso  marzo a Mato Grosso do Sul, Brasile. Successivamente un giudice brasiliano decretò la custodia in carcere ai fini di deportazione, successivamente la Corte Suprema confermò il carcere ma ai soli fini di estradizione.  
Bisogna sottolineare che la Procura del Paraguay ha insistito davanti alle autorità del Brasile sulla deportazione, che richiede un iter burocratico più celere e quindi portare l’Acosta ad essere giudicato in territorio paraguaiano. Tuttavia le autorità brasiliane optarono in quei giorni definitivamente per l'estradizione, che finalmente sembra concretizzarsi.  
In questo contesto, in un’altalena di decisioni giuridiche, si aspettava la risoluzione finale prevista per il 25 agosto, quando il Tribunale Supremo del Brasile, all'unanimità - quattro voti, e solo un'assenza – ha deciso per l'estradizione.  
Un fattore determinante il fatto che "Neneco" è stato considerato cittadino paraguaiano, e non brasiliano, come pretendeva l'accusato. Inoltre ha inciso fortemente la consistenza delle numerose prove presentate sul coinvolgimento di Vilmar Acosta nell’omicidio di Medina e di Almada.
Cosa resta da fare per far sì che, una volta per tutte, Vilmar Acosta scenda ammanettato e sotto custodia dall’aereo, ad Asunción, Paraguay? Il cancelliere nazionale Eladio Loizaga ha dichiarato ai giornalisti che lo hanno intervistato che la decisione del Tribunale brasiliano sarà presentata alla presidentessa del Brasile Dilma Rousseff, che dovrà ratificare la risoluzione, asserendo che si tratta di una formalità burocratica inevitabile.   
Possiamo presumere, alla vista dei fatti, che ad Asunción stiano sicuramente preparando una cella pronta ad accogliere l'ex sindaco. Una buona notizia, certamente, per i giornalisti paraguaiani e per i familiari di Pablo Medina e di Antonia Almada.  
Forse abbiamo vinto una battaglia contro l’impunità? È certo che sarà certezza, almeno per me, solo quando vedremo "Neneco" arrivare nella capitale paraguaiana, come corrisponde ad un assassino del suo calibro: ammanettato e in mano alla Giustizia; e quando saranno catturati gli autori materiali dei due crimini.
Solo allora ci saranno gli elementi che delineeranno un atto di giustizia, per smantellare l'impunità nel Paraguay. Solo allora. Siamo ancora soltanto a metà strada in tale senso.



Gli assassini di Pablo Medina nascosti tra i campi di marijuana
almendras-assassini-campi-marijuana
di Jean Georges Almendras* - 6 giugno 2015
Secondo la polizia, che indaga sul caso, Wilson Acosta potrebbe anche reagire sparando
"Il cerchio della polizia attorno a Flavio e Wilson Acosta, rispettivamente nipote e fratello di "Neneco", si sta stringendo e crediamo si trovino ancora in Paraguay, in un'ampia zona di campi di marijuana, vicino alla frontiera con il Brasile”. E' così che il Commissario César Silguero, del Dipartimento di ‘Investigación de Delitos’ della Polizia Nazionale, commenta riguardo alle indagini sugli assassini di Pablo Medina ed Antonia Almada, ancora oggi latitanti. Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio, in via Azara, al centro della città di Asunción. Sia Silguero che il suo collega Gilberto Fleitas hanno avuto un ruolo importante nelle indagini sul duplice omicidio. Dopo l’arresto di Vilmar "Neneco" Acosta, avvenuto lo scorso 5 marzo nella regione di Caarapó, in Brasile, le autorità della polizia stanno intensificando gli operativi alla ricerca dei due sicari che misero fine alla vita del giornalista e della sua assistente.
"I due sono stati imputati, dopo essere stati pienamente identificati e c’è già un processo a loro carico – ha aggiunto Silguero - Sulla loro testa pende un ordine di cattura internazionale. Il loro arresto è una delle nostre priorità. Non esistono dubbi sul loro coinvolgimento diretto nel duplice omicidio. Nell’ambiente dove si muovono sono dei ‘cadaveri politici’, perché hanno perso potere. Ignoriamo se hanno o meno risorse finanziarie. Prima delle due morti, il sistema di potere mafioso che Vilmar Acosta esercitava nella zona non si era spezzato. Ma il colpo criminale ha provocato una spaccatura. Una reazione inattesa, che ha fatto perdere potere ai due sicari e a Neneco stesso”.
Il Commissario ha poi puntualizzato che nella zona dove si sospetta siano nascosti i due individui, ci sono squadre di polizia che lavorano praticamente senza sosta.
Non solo. Secondo Silguero “Vilmar Acosta stesso era già più esposto. Cioè, era fuori del sistema mafioso durante la sua latitanza. Ecco perché la polizia del Dipartimento di “Investigación de Delitos’ lo raggiunge fuori dal territorio paraguaiano. Vilmar ‘Neneco’ Acosta non aveva più lo stesso sostegno su cui contava nei suoi tempi di politico. Non bisogna dimenticare che all’epoca dei fatti lui era sindaco e rappresentava un partito politico. È logico pensare che per arrivare a tale carica lo abbiano sostenuto altri politici, ovviamente del suo partito. Ora, che è detenuto e cerca di evitare l'estradizione, potremmo dire che è solo”. Rispondendo alla domanda sulle personalità dei due latitanti il Commissario ha risposto che Wilson è letteralmente un killer, molto noto nella zona. “È un uomo che infonde paura che spaventa. E precisamente 'Neneco' lo sceglie per questo motivo. Wilson, ha fama di sicario. Flavio ha un profilo differente. Non è un bullo del calibro del fratello di Vilmar. Wilson era soprannominato ‘Il Milico’. Ciò rende l'idea del concetto che hanno della sua persona, della sua forma di essere”. E non è nemmeno remota la possibilità che Wilson affronti la polizia sparando, qualora venisse individuato. “Ne sarebbe capace – ha aggiunto il Commissario - Sicuramente è armato. Per questo motivo ci muoviamo con precauzione, perché conosciamo il suo profilo. Sono persone che non si creano problemi di usare armi. A Pablo ed Antonia li ammazzarono a colpi di fucile e con una pistola 9 mm. E quel pomeriggio del 16 ottobre non si resero conto che sul sedile posteriore del camioncino si trovava la sorella di Antonia, perché altrimenti, avrebbero ammazzato anche lei. Pablo era l'obiettivo, ma anche quelli che la accompagnavano. Ruth non è una persona corpulenta e quindi riuscì a scivolare sul pavimento del camioncino riuscendo così a salvarsi”. In merito alla dinamica sull'attacco, poiché gli assassini indossavano uniformi militari, Silguero ha chiarito che potrebbero anche non essere stati ceduti da qualche militare. “Questo tipo di indumenti – ha detto - sono facilmente reperibili nel mercato, ma certamente non scartiamo che qualcuno delle forze armate glieli abbia forniti”.
Il Commissario ha poi aggiunto: "la morte di Pablo Medina ha scosso molte persone a diversi livelli, perché Pablo svolgeva un lavoro di investigazione giornalistica indipendente, e per un diario molto importante del Paraguay. Era un uomo molto rispettato e molto conosciuto nella zona. Forse si è fidato troppo che nella zona dove lavorava giornalmente, percorrendo con il suo camioncino le strade per fare delle interviste, non correva pericolo, nonostante sapessi di essere comunque minacciato. Purtroppo Vilmar ‘Neneco’ Acosta diede l’ordine di ucciderlo. Un ordine ben chiaro sin dal primo momento. Dimostrato anche quando venne arrestato l’autista, nonché segretario, Arnaldo Cabrera López chi ci ha chiarito alcuni punti sul tragico episodio che ovviamente si sono rivelati molto utili”.
Prima di concludere Silguero ha commentato che "Neneco", con le differenze del caso, “era un piccolo Pablo Escobar nella zona. Aveva la sua influenza ed il suo potere sugli abitanti della zona, che vivono delle coltivazioni di marijuana. Ma quel territorio sta vivendo un momento difficile, precisamente, perché il crimine di Pablo Medina ha sconvolto ogni cosa".

*inviato speciale ad Asunción, Paraguay

Foto © Omar Cristaldo. AntimafiaDosMil. Redacción Paraguay



Terra rossa di frontiera, terra di morte e marijuana
almendras-terra-rossa-1di Jean Georges Almendras - 25 maggio 2015

La terra paraguaiana è rossa. Lì, al nord di Asunción. Lungo un’ampia zona di frontiera con il Brasile. È lì che il narcotraffico ha il suo santuario naturale per la produzione di marijuana. È la terra di Curuguaty. È la terra di Villa Ygatimi, di Ypehjú, di Yby Yaú. È la terra di Pedro Juan Caballero. Per alcuni una terra di morte e di dolore, ricca di attività remuneratrici per altri. È una terra che custodisce nelle sue viscere l'avidità dell'uomo. In queste terre, ed è una dura realtà, gli abitanti vivono del narcotraffico. I narcos gestiscono il commercio della produzione di marijuana - spesso protetti da personaggi politici, persino giudici, magistrati o poliziotti corrotti - ed i contadini lavorano nelle coltivazioni per la propria sopravvivenza. L’economia della zona si  basa direttamente sulla produzione di marijuana, sotto il dominio dei narcos.  
Ma dallo scorso 16 ottobre 2014, data in cui furono uccisi il giornalista Pablo Medina e la sua assistente Antonia Almada, quella "prosperità" si è iniziata a sgretolare. E oggi, a maggio del 2015, c'è crisi nella zona. Perché da quando Vilmar "Neneco" Acosta, (che fino a quel momento ricopriva la carica di sindaco di Ypehjú), ebbe l'audacia di pianificare e mettere in atto l’omicidio del giornalista, insieme ai narcos che condividevano con lui le sue attività illecite è adesso sotto la mira delle autorità, che si addentrano nelle proprietà e sui monti.
C'è crisi perché le coltivazioni di marijuana vengono distrutte, dopo essere individuate dalle forze dell'ordine. Perché i narcos sono costretti a limitare le loro normali attività e il duplice omicidio ha causato scalpore. Perché a seguito di quel clamore la polizia di Asunción ha iniziato a perlustrare la zona alla ricerca di "Neneco" e, dopo il suo recente arresto, le autorità sono ancora alla ricerca degli autori materiali dell'attentato: Wilson e Flavio Acosta, rispettivamente fratello e nipote di "Neneco", la cui estradizione dal Brasile è in questo momento al vaglio delle autorità.
Curuguaty e città limitrofe sono quindi economicamente in declino. L'omicidio Medina-Almada ha alterato la routine di tutte le città confinanti con il Brasile e sono scesi notevolmente i guadagni degli abitanti più vulnerabili, mentre quelli dei padroni degli "affari" sono stati colpiti solo parzialmente. Il loro potere è tale che permette loro di vivere senza coltivazioni, almeno fino a quando durerà il caos provocato da "Neneco", ma non per sempre. A patto che non spuntino altri Pablo Medina o che nella capitale inizi a sgretolarsi il castello di carte dell'impunità, dopo che Vilmar Acosta sarà interrogato, se troverà il coraggio di parlare. Altrimenti la crisi sarà solo passeggera, nonostante irriti ugualmente. A tal punto che qualche capo mafioso della zona, d’accordo con "amici" della capitale, può essere stato sfiorato dall’idea che solo eliminando Vilmar Acosta potranno essere preservati i segreti dei loro affari e delle persone coinvolte, assicurando per il futuro la prosperità delle vendite e dei redditi.  
Quattro giornalisti delle redazioni Antimafia Dosmil del Paraguay e dell'Uruguay, insieme a Gaspar - il fratello di Pablo Medina - e a quattro poliziotti del GEO e della Polizia locale si sono recati in quelle terre. Ci hanno portato nel punto esatto dove il camioncino che guidava Pablo Medina fu attaccato da killer vestiti da militari, usciti dalla vegetazione circostante per intimare l’alt al veicolo, magari simulando un controllo di routine.  
Arriviamo in un pomeriggio piovoso nel luogo dell’agguato dove i criminali azionarono le armi - un fucile di grosso calibro ed una pistola 9 mm - sugli indifesi occupanti del camioncino. Al volante si trovava un giornalista impegnato nell’informazione libera, corrispondente del quotidiano ABC Color per 16 anni, fino a pochi istanti prima di cadere sotto i colpi delle pallottole, riuscendo solo a dire in lingua guaranì ai suoi assassini, coprendosi il volto con una delle sue mani: Anina she ra á! ("Nó, amico mio"). Gli assassini ignorarono quella supplica e premettero i grilletti delle loro armi, Pablo non doveva rimanere vivo.  
almendras-terra-rossa-2Chiedo ad uno dei poliziotti della scorta se qualcuno di loro conosceva Pablo Medina. Tutti annuiscono con la testa. "Chi non conosceva Pablo"? è la schietta riflessione di uno degli agenti. Ed un altro aggiunge: "Aveva molto coraggio".   
Percorriamo una tortuosa strada di terra rossa - che collega Villa Ygatimi e Ypehjú - si percepisce solitudine e abbandono. Muto testimone di quella strada solitaria la vegetazione che la circonda. Sporadicamente circolano nella zona motociclette degli abitanti del posto, sicuramente molti di essi lavoratori dei campi di marijuana della zona, nascosti nelle viscere dei campi. Transitano anche pesanti camion carichi di merce, destinazione Brasile, veicoli degli allevatori ed inevitabilmente veicoli quattro per quattro dei padroni della regione: capi narcos e sicari, i loro familiari e luogotenenti, spesso forti di un’impunità comprata con il denaro.  
Denaro che non ha corrotto Pablo Medina, e neppure i giornalisti caduti sotto i colpi della politica legata ai narcos, installata in Paraguay dalla fine della dittatura estronista e anche nella democrazia di oggi. Denaro che è servito (e serve) per corrompere gli uomini della regione confinante di Curuguaty, e gli uomini in giacca e cravatta, adagiati sulle loro comode poltrone, nelle confortevoli e frivole istituzioni del potere statale e parlamentare. Denaro che è servito (e serve), per corrompere alcuni magistrati e poliziotti, sempre pronti a tendere la loro mano "amica" di fronte alle buone opportunità che vengono dalle zone ombra.   

Oggi come ieri
Non posso smettere di pensare alla libertà di espressione, al significato e al valore, delle denunce di Pablo Medina e di tutti i giornalisti uccisi prima di lui. Non smetto di pensare a quei pochi istanti in cui Pablo era cosciente che la morte era lì, a guardarlo fisso. Non posso non pensare alla morte di padre Pino Puglisi a Palermo, avvenuto diversi anni fa, quando pochi istanti prima di perdere la vita sorrise e disse qualche parola al suo assassino, un soldato di Cosa Nostra. O alla coraggiosa decisione dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino di proseguire nel loro compito di smantellare Cosa Nostra, consapevoli che le loro vite erano già finite per decisione dei capi della mafia e dei corrotti dello Stato italiano. Non posso non pensare al giornalista paraguaiano, Santiago Leguizamón, quando agli inizi degli anni '90 parlava da un’emittente radio locale – avrebbe trovato la morte, crivellato dai colpi dei sicari lungo una strada di confine con il Brasile, nella città di Pedro Juan Caballero - della morte morale e di quella fisica.
Vedo Gaspar Medina, totalmente assorto nei suoi pensieri. Sicuramente ha rivisto le immagini di suo fratello Pablo, senza vita, al volante del suo camioncino, quel triste pomeriggio del 16 ottobre dello scorso anno. E ancora le immagini di suo fratello Salvador Medina, quando nel pomeriggio del 5 gennaio 2001, cadde davanti ai suoi occhi sotto i colpi sparati da un sicario della mafia del narcotraffico, Milciades Meylin, ancora oggi (sorprendentemente) recluso in una prigione di massima sicurezza della città di Emboscada. Quel giorno Gaspar e suo fratello Salvador stavano ritornando a casa in motocicletta. Salvador era alla guida e, prima di cadere a terra, in una strada molto vicina alla sua abitazione nella regione di Capiibary, affrontò coraggiosamente il suo assassino.  
Anche per l'omicidio di Pablo i killer non agirono a caso, ma supportati da una logistica solida, curata nei dettagli, come appunto le divise militari. Cedute, forse, da qualche membro delle forze armate paraguaiane.   
Forse, da contraltare a un così pesante fardello, si è deciso di collocare una placca commemorativa in onore dei due caduti.
Fare luce sul caso Medina è ancora, per l'opinione pubblica, la comunità giornalistica locale e regionale, le famiglie delle vittime, materia in sospeso. Sarebbe terribile se l'estradizione di Vilmar Acosta non si concretizzasse mai o si dilatasse nel tempo. È ormai noto in Paraguay e nel mondo intero che l’ex sindaco di Ypehjú ha avuto molto a che vedere con le due morti, e che è responsabile di altri delitti gravi, legati al narcotraffico, segnalati dagli investigatori. Ma con la cattura di "Neneco" non si è chiuso il capitolo. Perchè è ugualmente urgente individuare le altre persone coinvolte nell’omicidio del giornalista, e arrivare attraverso eventuali dichiarazioni del detenuto ai nomi e ai ruoli svolti dai soggetti corrotti che da anni stanno minando la regione e le istituzioni dello Stato paraguaiano. Personaggi che, negli anni post dittatura, si distinguono ancora di più - sfacciatamente in alcuni casi - per la loro subdola familiarità con la corruzione.   
Personalmente non credo che l'impunità e la corruzione del sistema politico siano state assenti negli ultimi 26 anni, dopo che il dittatore Estroesner abbandonò il potere. Infatti, sono morti già 16 giornalisti in Paraguay, sotto gli occhi di tutti.
E adesso, perché tutti quelli che occupano posti di potere si lacerano le vesti di fronte ad una vittima che mediaticamente ha sconvolto la comunità paraguaiana? Pablo doveva pagare con la sua vita l'aver rivelato con le sue denunce il connubio tra politica e narcotraffico? Era necessaria questa tragedia perché i politici di oggi, di Asunción e della zona di confine, si sentano obbligati ad ammettere che nelle loro file ci sono personaggi corrotti e legati al sistema mafioso paraguaiano?
Tutti conoscevano Pablo Medina. E tutti conoscevano cosa scriveva e cosa denunciava sulle colonne di ABC Color. Così come tutti conoscevano - da 26 anni - cosa scrivevano e cosa denunciavano tramite la radio i giornalisti uccisi negli ultimi tempi. Non siamo ipocriti.
Sotto una fine pioggerellina lasciamo la zona del duplice crimine, percorrendo una strada estremamente scivolosa. Abbiamo dovuto allungare di parecchio la strada cercando delle strade alternative, perché un ponte rotto ostacolava la circolazione lungo la strada che percorreva abitualmente Pablo Medina, per le sue coperture in zona. Una zona che ovviamente conosceva molto bene, così come i suoi assassini.  
Percorrendo quelle strade, insieme ai miei colleghi (Jorge Figueredo, direttore della redazione paraguaiana, e i redattori Omar Cristaldo e Félix Vera) non possiamo fare a meno di pensare che sette mesi addietro, il nostro amico Medina viaggiava sul suo camioncino lungo questa stessa strada.
Per qualche istante lo vediamo lì, il giorno fatidico. In Villa Ygatimi, uscendo dalla casa della famiglia Almada, la mattina molto presto. Portando con sé del ghiaccio per il tereré. Lo vediamo mentre si allontana da casa per andare a svolgere il suo lavoro, come tante altre volte. Non poteva sospettare che sarebbe stata l'ultima.
Doveva recarsi a Crescencio González per avere delle informazioni riguardanti l'uso di agrotossici nelle coltivazioni, e poi ritornare a casa. Il ritorno non avvenne mai. Verso le due e mezza di quel pomeriggio del 16 ottobre, Pablo ed Antonia cadevano sotto gli spari, mentre Rut Almada sopravviveva miracolosamente all'attentato. Fu lei stessa, ancora sotto shock, a dare l'allerta e a dare la notizia alla sua famiglia e alle autorità.  

Le conseguenze
L'omicidio ha scosso la società paraguaiana e tutta la regione. E non solo, perchè ha permesso all'opinione pubblica di avvertire con più nitidezza la pericolosa esistenza e l’impatto della politica legata ai narcos, al punto che un importante Ministro della Corte almendras-terra-rossa-3Suprema di Giustizia - Víctor Núñez - si è visto obbligato a dimettersi sapendosi esposto ad un giudizio politico, sospettato di essere legato ad attività del narcotraffico. I nomi di Pablo e Antonia sono stati aggiunti all'esteso elenco di martiri del giornalismo paraguaiano e del mondo, colpevoli di denunciare la corruzione e i delitti. La loro morte ha fatto sì che si che venisse creata una commissione parlamentare per indagare sull'attentato, che giornalisti locali e stranieri, organizzazioni sociali locali ed internazionali, organizzassero manifestazioni e proteste ripudiando l'attentato ed esigendo giustizia. Che politici di ogni schieramento elevassero la loro voce. Che la figlia, la sposa ed il fratello di Pablo Medina, così come la famiglia di Antonia Almada, avessero una scorta permanente, e che l’unica sopravvissuta all'attentato, Ruth Almada, sorella di Antonia, di 26 anni di età, fosse blindata (fino ad oggi) e trasferita in un posto che solo le autorità e la Procura conoscono, per preservare la sua vita e la testimonianza, vitale, per il buon esito del processo che attende agli assassini.
almendras-terra-rossa-4Purtroppo, il 14 gennaio di quest’anno, fortemente provata dal dolore e dall'impotenza,  perdeva la vita per problemi vascolari la madre di Pablo Medina, Angela Velásquez, 73 anni.  
Nelle prime ore della mattina del 8 dicembre 2014, veniva arrestato in una zona montuosa di Ypehjú, il segretario ed autista di Vilmar "Neneco" Acosta, Arnaldo Cabrera López il quale lo identificò come unico mandante del crimine.  
Il 5 marzo di quest’anno, veniva arrestato in Brasile Vilmar "Neneco" Acosta, grazie ad un intenso lavoro della polizia coordinato dal Dipartimento de Investigación de Delitos della Polizia Nazionale, iniziando quindi il processo di estradizione, ostacolato da una serie di elementi non chiari sollevati dall’accusato, che si afferra alla sua identità brasiliana, per eventualmente neutralizzare un processo giudiziario nella città di Asunción, o almeno per ritardarlo nel tempo. Al momento di redigere queste linee risultano ancora latitanti gli autori materiali del doppio crimine.  

Famiglie distrutte
Ci dirigiamo a Villa Ygatimi, per incontrarci con la famiglia Almada. Troviamo nel suo magazzino María Teresa Chamorro, madre di Antonia e Ruth. Ci ricorda i terribili momenti vissuti il giorno in cui sua figlia perse la vita. Ci riceve anche il fratello della vittima e sua sorella minore. Umili e gentili nel parlare, ci mostrano la placca del memoriale che sarà collocata sul luogo del crimine, e si sono appellati alla giustizia divina, unico modo di alleviare il dolore di una così irreparabile perdita. Più tardi, nella città di Curuguaty, ci riceve Olga Bianconi, moglie di Pablo Medina. Sia lei che sua sorella Carmen si sono mostrate diffidenti nei confronti della giustizia e dei giudici. Hanno insistito nel segnalare irregolarità nel procedimento del giudice sulla scena dei fatti, il giorno del crimine. Hanno espresso molte critiche al sistema giudiziario, mentre hanno apprezzato il gesto del proprietario del giornale ABC Color, Aldo Zucolillo, per la gentilezza nel riceverla e per l'impegno nel sostenerla, contribuendo all'educazione dei due figli adolescenti di Pablo Medina. Infine, hanno ricalcato che la giustizia divina avrà l’ultima parola. Non hanno scartato la possibilità di fare una denuncia sulle irregolarità che secondo loro sono state commesse, durante le varie fasi delle indagini per quanto riguarda la sorveglianza della zona e degli indizi.
almendras-terra-rossa-5Lasciamo Curuguaty per raggiungere Capiibary. Dalla strada principale imbocchiamo una strada rurale che ci porta alla casa dove abita già da molti anni la famiglia Medina. Ci riceve una sorella di Pablo ed uno dei suoi nipoti. Sotto gli alberi vicino alla casa troviamo Pablo Medina padre. È un uomo forte, 76 anni. Molto educato. Don Pablo, come lo chiamano tutti, ci regala il suo sguardo sincero che tanto ci ricorda il figlio ucciso. Ci confida che in un’occasione ha contestato la giudice Sandra Quiñónez, e ha preteso di non dimenticare l’alto potere che ha, e che quindi non deve avere indugi ad applicare la legge, chiedendole inoltre che sia fatto tutto il possibile per estradare in Paraguay Vilmar Acosta “prima che arrivi la morte per me”. Così diretto. Con quella calma che solo gli anni e la sensibilità danno. Ci parla anche del suo lavoro nel campo, ricordando gli inizi nel lavoro rurale già all'età di 12 anni. Un uomo che ringrazia per il conforto che gli viene offerto, che esprime l'affetto e la caparbietà nei suoi silenzi, e che infine ci saluta con un caldo abbraccio e poi da lontano, senza percepire che l'assenza di sua moglie Angela ci ha sommersi di tristezza.   
Un'ora dopo, già di ritorno ad Asunción, Dyrsen Medina, la figlia di Pablo, ci riceve insieme al marito nella casa di Coronel Oviedo. Attorno a lei due bambini di giovane età. Sono i nipoti del giornalista. Dyrsen, la figlia maggiore del nostro collega assassinato, dal momento stesso della tragedia è diventata protagonista a livello mediatico, cosa che le ha permesso di rendere pubblica la sua sete di giustizia, e contemporaneamente, di far conoscere l'importanza della professione di suo padre. Ha trasmesso durante le sue interviste ai media locali e stranieri la sua pretesa di giustizia sull’omicidio di suo padre.   
I paraguaiani, ad Asunción, e nella regione confinante con il Brasile, vivono la loro routine. Nella zona del Mato Grosso, nel vicino paese, nel carcere di Campo Grande, Vilmar "Neneco" Acosta vive la propria routine. Quella di un uomo in cattività, prigioniero della legge. Messo alle strette dai giudici brasiliani che dovranno decidere sulla sua estradizione, accerchiato dai suoi simili, timoroso per la sua vita, sempre più cosciente che i suoi “colleghi” sono molto irritati con lui per aver eliminato Pablo Medina, forse alcuni preferirebbero che venisse eliminato. L’uccisione del giornalista ha avuto un effetto boomerang, Vilmar "Neneco" Acosta sa di essere solo. Come se stesse camminando a tentoni. Sa che non è stata una buona mossa dare luce all’assassinio di Pablo Medina. Se venisse trasferito in Paraguay, dovrà affrontare molte situazioni, non scarta nemmeno l’ipotesi della morte. Forse, potrebbe persino chiedere a giudici e pubblici ministeri del Paraguay la possibilità di pentirsi e scontare l’eventuale pena che gli verrà imposta - il Ministero Pubblico potrebbe richiedere fino a 25 anni di reclusione - e fare nomi e cognomi dei personaggi coinvolti con i quali ha convissuto negli ultimi tempi. Solo così, forse, potrebbe trovare un po' di pace nella sua vita. 

Foto © Omar Cristaldo-Jorge Figueredo AntimafiaDosMil. (Redazione-Paraguay)

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