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Davanti a una platea composta prevalentemente dagli insegnanti delle scuole di Napoli, il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri ha ricordato il grave pericolo che i capitali del Pnrr possano finire nelle mani delle mafie. Per questo occorre "attrezzarsi: calcolate che adesso col Pnrr su una stessa area, mentre prima c'era un cantiere, in futuro ce ne saranno 4-5, quindi ci vorrebbe il quadruplo degli investigatori per poter avere un livello accettabile" di sicurezza.
Gratteri ha aggiunto che "ci stiamo attrezzando, ma bisognava pensarci prima. Oltre a chiedere i soldi del Pnrr bisognava anche fare concorsi per più polizia giudiziaria e più magistrati".
Oltre a questo il magistrato ha parlato anche dell'utilizzo dei social da parte delle mafie per 'sponsorizzarsi', soprattutto tra i più giovani: "I social da Facebook a Tik Tok - ha sottolineato - sono usati dalle mafie. I cartelli messicani cominciarono anni fa e organizzano ancora oggi importazione e vendita della cocaina. In Italia usano Fb per comunicare, sfidarsi tra clan camorristici, usano i social per farsi pubblicità. Le mafie nel passato spesso erano narrate come strutture chiuse e segrete, ma non è così: hanno avuto sempre bisogno di essere viste come modelli vincenti, lo facevano comprando club di calcio e facendo vedere che allo stadio il sindaco si sedeva vicino a loro, oppure ristrutturavano una chiesa". "Oggi, invece, sui social si fanno vedere con l'orologio d'oro, il suv per dire ai giovani 'tu che mi vedi e che ti muori di fame vieni con noi, siamo un modello vincente'. Questo è il messaggio che mandano ai giovani oggi". Gratteri ha sottolineato che "chi vive oggi nei quartieri difficili - ha detto - e non ha nulla se non viene ben seguito dalla famiglia, diventa in balia della camorra. E prima o poi ci casca, perché un sabato sera vede il nipote del camorrista vivere quella vita da ricchi. Alla fine il ragazzo dice ok, ti porto la droga a Roma, oppure faccio il palo. Intervenire per noi vuol dire dimostrare che non conviene delinquere. Dobbiamo dimostrare loro che un idraulico, un elettricista guadagna quanto un camorrista".


Il ruolo della scuola nel contrasto alla mafia

"La scuola è fondamentale - ha detto il magistrato a margine della conferenza stampa sul progetto ‘Sport e cultura per contrastare la povertà educativa e prevenire la criminalità’ al Comune di Napoli - perché la malavita è attraente per i ragazzi. Noi abbiamo bisogno di stare più vicini ai giovani, non dobbiamo lasciare soli i ragazzi, dobbiamo renderli più forti". "Io sono d'accordo sulla fusione tra scuola e famiglia - ha aggiunto - se i genitori sono persone normali, ma purtroppo per la mia conoscenza della scuola ci sono genitori di 55 anni ignoranti, che vogliono fare i 25enni e che trascurano i figli. Sanno scrivere oggi perché c'è il T9 sul cellulare, ma interferiscono nella scuola quando il figlio torna a casa col broncio per aver avuto un voto basso. A quel punto intervengono per recuperare dal figlio l'affetto che hanno perso, ma così si sbaglia. I genitori dovrebbero invece lasciare gli insegnanti fare il loro lavoro, dovrebbero impegnarsi solo sull'eventuale ignoranza o pedofilia degli insegnanti. Tu ragazzo se hai avuto un voto basso è solo un'opportunità per fortificarti". "Purtroppo - ha spiegato - carichiamo sulla scuola un peso enorme, perché la famiglia c'è molto meno oggi rispetto a 30-40 anni fa. Oggi avremmo bisogno di una scuola più attrezzata e a tempo pieno, insegnanti pagati meglio e per fare questo bisogna finanziare le scuole perché è lì che noi possiamo togliere dalla strada i ragazzi, visto che molte famiglie già sono assenti o poco presenti".
Fare l'insegnante, ha detto Gratteri, "è un grande mestiere. Voi oggi considerate quello che arriva al bar con un Suv da 60mila euro e veste griffato. Quando io ero ragazzo, l'insegnante era visto con ammirazione". Gratteri è anche tornato a parlare dei rischi collegati, a suo avviso, a certe serie tv: "Quando vedo le persone di cultura che si strappano i capelli, che soffrono tutti intrisi contro le mafie, però poi consentono che le loro opere siano tradotte in cinematografia, e in questa cinematografia vedi un'ora di violenza e nemmeno cinque minuti dedicati a insegnanti, preti, magistrati, poliziotti, io non sono d'accordo", ha detto. "Quando con Antonio Nicaso ho scritto un libro (Il grifone, ndr) sui film che inneggiano alle mafie, ci è stato detto che volevamo tarpare le ali alla cultura. Io mi devo preoccupare come genitore di quale effetto ha il giorno dopo all'esterno delle scuole la visione di certe serie tv. Se vedo un ragazzino di 15 anni che imita il killer visto nelle serie, io ho fatto un guaio. Quella non è arte. Mi devo preoccupare se diventa inno alla violenza. Spesso non si tratta di un reato, ma voglia di fare cassetta, fare soldi".

Foto © Imagoeconomica

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