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Presidente Spanò: “Non siamo in grado di formare un collegio dedicato per congestionamento delle udienze”

"Non siamo in grado di formare un collegio dedicato per affrontare questo processo per congestionamento delle udienze. Non possiamo fare un calendario”. È iniziato così il nuovo processo per la strage di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974 davanti alla Corte d'assise di Brescia, presieduta da Roberto Spanó. L'imputato è Roberto Zorzi all'epoca ventunenne, accusato di essere, con l'allora minorenne Marco Toffaloni che sarà giudicato dal tribunale dei minori, uno degli esecutori materiali dello scoppio che provocò otto vittime e 102 feriti. L'imputato non è presente in aula ed è rappresentato dall'avvocato Stefano Casali. Cittadino americano è residente nello Stato di Washington dove gestisce un allevamento di dobermann chiamato "Il Littorio". In aula a rappresentare l'accusa ci sono il procuratore capo Francesco Prete e l'aggiunto Silvio Bonfigli.

Dopo il giuramento, dunque, il presidente della Corte d’Assise, che nelle scorse settimane ha chiesto al presidente del tribunale di Brescia Vittorio Masia di poter avere nuovi giudici per la prima sezione che presiede, ha subito rinviato al 18 giugno "con l'impegno, se arriveranno le risorse, di svolgere tre udienze al mese e chiudere il dibattimento entro nove mesi" ha precisato Spanó. "La durata del processo dipenderà dalle risorse che ci verranno date. Attendiamo di capire cosa succede e vediamo. Le risorse dovranno essere effettive e non sulla carta. Ho avuto forti rassicurazioni dal presidente del tribunale".

A distanza di 50 anni da quella strage la giustizia deve ancora esaudire un desiderio di verità. Nel frattempo, la satira ha proseguito il suo corso, inesorabile, affaticando le menti, cancellando la memoria, o parte di essa. E scorrendo le liste dei testimoni depositate da Procura, parti civili e difesa, ci si rende conto del peso che ha il tempo trascorso. Molti di loro, infatti, hanno tra i 90 e i 100 anni. L'elenco degli avvocati Stefano Casali ed Edoardo Lana, difensori dell'allora giovane ordinovista, ora cittadino americano, consta di ben 113 persone. Spetterà ovviamente alla Corte d'Assise di Brescia decidere se eventualmente sfoltirlo ma nel frattempo questi nomi messi uno in fila all'altro restituiscono i connotati di un'altra epoca. Un’epoca apparentemente lontana, ma che, grazie a questo processo, fa un salto temporale di 50 anni e ci fa rivivere gli anni ’70. Erano gli anni di piombo, la strategia della tensione e i progetti eversivo-terroristici portarono allo spargimento di sangue innocente nelle strade e nelle piazze.

Il più anziano tra i teste chiamati è Giovanni Majorana, bresciano, 101 anni. Gli viene chiesto di deporre sul "presunto covo di 'Anno Zero', vicolo cieco posto in via Aleardi dove Silvio Ferrari (all'epoca ventenne militante di destra, ndr) e Ombretta Giacomazzi si sarebbero incontrati coi militari dei carabinieri per scopi illeciti". Il 97enne Antonio Barbato, carabiniere a Verona, viene citato sugli "eventuali accessi di Ferrari e Giacomazzi nel 1974 presso il Comando militare". Il 92enne Lucio Inneco, generale di corpo d'armata, ufficiale dell'esercito con l'incarico di capo ufficio della Ftase, ovvero la Nato, a Palazzo Carli a Verona, viene chiamato su uno dei capitoli più suggestivi della vicenda, quella sul cosiddetto “Deep State”, come lo definiscono gli inquirenti. Stesso ruolo in veste di testimone avrebbe con l'ok dei giudici l'allora carabiniere Domenico Pisani, classe 1933.

A proposito delle “coperture istituzionali”, già acclarate in anni di processi, la difesa ritiene importante anche la testimonianza di Giovanni Mannarino, 92 anni, all'epoca carabiniere in servizio a Parona, frazione di Verona, "su eventuali riunioni straordinarie rispetto alla normale e lecita attività di un caserma dei carabinieri". Stessa età per Bruno Tuttopetto, carabiniere del Nucleo Investigativo veronese, tra gli autori delle indagini all'epoca. Gli avvocati delle parti civili sono stati decisamente più parchi nelle loro richieste e hanno chiamato solo 17 testi, mentre la Procura chiede di ascoltare i racconti in aula di 47 persone.

All'apertura del 17esimo processo in una storia giudiziaria che sembra non avere fine, si è saputo che per la prima volta chiederanno di essere parti civili le “ragazze” che rimasero ferite nella strage. Al tempo avevano 16 e 17 anni. Francesca Inverardi e Beatrice Capra, di un anno più grande, saranno tra le decine di persone che daranno anche un contributo come testimoni nel ricordo di quel giorno nel processo a Roberto Zorzi, imputato con l'accusa di essere stato uno degli esecutori dell'attentato.

È iniziata dunque una nuova corsa contro il tempo. Questo processo, infatti, stando alle parole del presidente Roberto Spanò, si concluderà entro il 2025. Ma la Corte dovrà fare i conti con le carenze del personale giudiziario.

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