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Ma la nuova inchiesta della procura Rimini va verso la richiesta di archiviazione

"Ricordare Marco Pantani è doveroso e opportuno. E' stato un campione inimitabile del ciclismo internazionale, non solo dell'Italia. Per il suo modo di interpretare il ciclismo ha toccato la mente e i cuori di milioni di persone". Sono le parole di Fiorenzo Alessi, legale della famiglia del campione Marco Pantani, del quale ieri ricorreva il ventennale dalla morte. 
In un'intervista all'agenzia Adnkronos il legale ha ricordato gli sforzi della famiglia, in particolare della mamma Tonina, che "da 20 anni chiede di fare luce sulla morte del figlio e il ritrovamento del cadavere nel residence di Rimini". 
Probabilmente sarà richiesta l'archiviazione anche per la nuova inchiesta aperta dalla procura di Rimini dopo la relazione della Commissione parlamentare Antimafia e questo elemento, ovviamente, che addolora. 
"Qualche giorno fa - ha proseguito il legale - la procura di Rimini nella persona del procuratore capo, ha lasciato intendere alla stampa che le indagini sono state concluse e non sarebbero emersi elementi nuovi. Ha lasciato intendere cioè che ci sarà una nuova richiesta di archiviazione". 
Il legale e la famiglia da tempo si battono per chiarire tanti aspetti della vicenda che ha coinvolto Pantani. "Da quella maledetta giornata a Madonna di Campiglio" dove il legale è convinto che "gli rubarono un Giro d'Italia già vinto, non è stato più lui. Marco ha iniziato a morire quel 5 giugno del 1999. Pantani - precisa l'avvocato - non è mai stato trovato positivo al doping: a quel tempo la normativa, a tutela della salute degli atleti, guardava il livello di ematocrito; non si fermava un atleta perché si sosteneva avesse fatto uso di sostanze dopanti, ma si fermava se aveva un ematocrito superiore a 50 punti. Marco Pantani è stato fermato a tutela della salute, come allora era previsto, e per lui quel giorno è iniziato un calvario senza fine". 

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