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L’ex presidente Anac parla ai microfoni dell’Avvenire: “Per la mafia, conviene di più un funzionario corrotto che intimidito

Anche se la corruzione in Italia non è in grado di suscitare lo stesso interesse che ha prodotto negli anni di mani pulite, sembra che il problema sia rimasto e abbia inciso sia nella sfera politica che sociale del Paese. Lo ha spiegato benissimo nel corso di un’intervista con l’Avvenire, l’ex presidente dell’Anac e attuale procuratore della Repubblica di Perugia, Raffaele Cantone. "Transparency, l’indice internazionale che misura il tasso di corruzione percepita, ha visto l’Italia recuperare diverse posizioni negli ultimi anni. Grazie anche alla legge Severino e agli interventi successivi - ha spiegato Cantone - siamo risaliti dal 71° posto del 2012 al 41° del 2022. Adesso, però, vedo il rischio di un trend opposto, come dopo Tangentopoli. Credevamo di aver risolto tutto, e invece, a un certo punto, eravamo precipitati addirittura al penultimo posto in Europa, davanti alla sola Bulgaria. E registro - ha proseguito - che nel 2023, dopo tanti ‘upgrade’, per la prima volta abbiamo di nuovo perso una posizione: siamo 42esimi. Un campanello d’allarme”. Il rischio per l’Italia, dunque, potrebbe essere quello di fare dei passi indietro per quanto riguarda la lotta alla corruzione, ma anche alle mafie. Grazie ai rapporti torbidi che si sviluppano tra il corrotto e il corruttore, le mafie possono stabilire nuovi meccanismi di potere, specialmente all’interno della pubblica amministrazione. “Le mafie hanno compreso da tempo che la corruzione è uno strumento indispensabile per l’esercizio del potere e il controllo del territorio. Anche perché hanno capito che un funzionario intimidito è meno funzionale di uno corrotto: il primo non vede l’ora di liberarsi di chi lo minaccia, il secondo invece si sente partecipe degli affari”. E ancora: “La corruzione è cambiata e ha assunto una dimensione organizzata. Ci sono soggetti che fanno parte della pubblica amministrazione, danno informazioni e intervengono dove e quando serve. Come abbiamo visto anche in una recente indagine - ha ribadito Cantone - offrono un servizio completo e utilizzano meccanismi difficili da individuare. Le consulenze, in primis, sono formalmente legittime, ma spesso, in realtà, si rivelano il corrispettivo di un accordo illecito. Solo che è difficilissimo dimostrarlo”. Eppure, nonostante i segnali che preoccupano, la direzione intrapresa dal governo sembra essere quella delle depenalizzazioni e delle semplificazioni. Ma siamo sicuri che sia la direzione giusta? “Non sono sicuro che il nuovo codice degli appalti abbia accelerato la macchina amministrativa. Non è vero - ha sottolineato il procuratore della Repubblica di Perugia - che la ‘deregulation’ è uno stimolo a fare le cose più velocemente. Può accadere, semmai, il contrario: i funzionari si sentono gravati da maggiori responsabilità, se preoccupano e non ci mettono la firma. In più, c’è l’abbassamento del livello penale: pensiamo all'abuso d’ufficio che presto non sarà più un reato. Ebbene, temo si crei un combinato che rischia di favorire nuovamente la corruzione”. Poi, l’analisi sulle lobby e sulla necessità di puntare alla trasparenza: “Credo sia necessario un inquadramento a livello amministrativo. Le lobby rappresentano un fenomeno di livello internazionale, vedi il Qatargate”. “I conflitti di interesse sono un vulnus del sistema, vanno chiariti e risolti. Su questo fronte finora si è fatto poco; la legge Frattini è stato un timido tentativo di rimediare a certe situazioni opache che purtroppo si verificano anche in Parlamento. Non puoi essere onorevole e lobbista contemporaneamente - ha ribadito Cantone - bisogna fare una scelta, magari mettendosi in aspettativa. Nella UE le regole ci sono, da noi ancora no”. Infine, l’ex presidente dell’Anac Raffaele Cantone ha voluto soffermarsi anche sulla questione morale. “Non basta fare le leggi per combattere la corruzione. E’ un problema di cultura: in un Paese dove l’evasore è visto come un eroe, è difficile respirare la legalità. Sarebbe sufficiente applicare il contenuto dell’articolo 54 della Costituzione: chi ricopre funzioni pubbliche ha il dovere di adempierle con disciplina ed onore. Due parole - ha osservato - che andrebbero scolpite in ogni ufficio pubblico, e già che ci siamo anche in Parlamento”.

Foto © Imagoeconomica

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