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Hanno chiesto di patteggiare la pena l'ex preside antimafia del quartiere Zen di Palermo, Daniela Lo Verde (in foto), il suo vice Daniele Agosta e l'impiegata di un negozio di elettronica, Alessandra Conigliaro. Per il peculato e la corruzione di cui sono accusati, la pena concordata con i pm della Procura europea, che hanno indagato in quanto i fondi depredati erano di origine comunitaria, è in apparenza molto bassa: un anno e dieci mesi. L'entità della condanna - che essendo sotto i due anni rimarrebbe anche sospesa - è condizionata dal fatto che i tre indagati hanno risarcito il danno, sborsando circa 20 mila euro a testa e restituendo (l'ex preside) gli iPhone destinati agli studenti della scuola Giovanni Falcone e di cui lei stessa si era appropriata. I difensori, gli avvocati Ninni e Giuseppe Reina, Fabrizio Biondo e Cristiano Galfano, hanno fatto leva sulle ammissioni e sull'atteggiamento processuale dei loro assistiti: hanno così convinto i pm Amelia Luise e Gery Ferrara ad accettare una pena relativamente bassa, su cui dovrà comunque pronunciarsi il Gip del tribunale di Palermo, che potrebbe anche ritenerla "non congrua" e rimettere gli atti a un altro giudice. La decisione è attesa per fine febbraio. Daniela Lo Verde è famosa nel mondo dell'antimafia, soprattutto quella delle cerimonie, era definita una preside di frontiera, in un quartiere assolutamente non semplice come lo Zen. La donna venne anche insignita del titolo di cavaliere della Repubblica. “Lascia sconcertati scoprire che dietro l'antimafia di facciata di Daniela Lo Verde c'era tanta disonestà. - aveva affermato Maria Falcone nel momento dell’arresto - E’ un insulto alla memoria di mio fratello Giovanni. Non mi meraviglia che il malaffare sia venuto a galla proprio grazie alla denuncia di una di queste insegnanti. Ciò deve essere uno sprone per proseguire nell'impegno a difesa dei valori della nostra Repubblica. Questo però non mi fa dimenticare la dedizione delle insegnanti, che da anni portano avanti un lavoro prezioso per educare i giovani alla legalità e che sono state sempre presenti con i loro alunni alle manifestazioni per ricordare chi si è sacrificato nella lotta alla mafia".
Secondo i carabinieri del nucleo investigativo e i magistrati europei, però, la donna avrebbe approfittato del proprio ruolo e soprattutto dell'immagine, che ne faceva quasi un'intoccabile, per appropriarsi di beni destinati ai ragazzi - tra cui tablet e cellulari - non disdegnando cibo e merendine della mensa. Anche i fondi destinati alla scuola per organizzare attività extrascolastiche non erano dovuti: si trattava infatti di corsi fantasma, mai svolti. Il coinvolgimento della Conigliaro, dipendente del negozio di elettronica, è dovuto al fatto che, in cambio di regali, la donna avrebbe ottenuto in esclusiva le forniture alla scuola. Le immagini e le intercettazioni dei colloqui, effettuati di nascosto dai militari, avevano restituito un'immagine della donna e del suo vice assolutamente diversa da quella che i due insegnanti avevano fatto diffondere. Interrogata per cercare di rimediare in qualche modo, aveva detto di essere finita in un vortice, di essere pentita e di avere tradito se stessa e i propri valori.

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