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Prossima udienza il 3 maggio. A giugno la sentenza di primo grado

Si avvia verso la conclusione il processo attualmente in corso davanti alla Corte d’Assise di Palermo presieduta da Sergio Gulotta (a latere Monica Sammartino) che indaga sul duplice omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie incinta Ida Castelluccio, avvenuto il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini.
Sul banco degli imputati ci sono il boss dell’Acquasanta Gaetano Scotto e il sedicente amico d’infanzia di Nino, Francesco Paolo Rizzuto, rispettivamente accusati di duplice omicidio aggravato in concorso e di favoreggiamento aggravato.
Ed è proprio la difesa di quest’ultimo ad essere intervenuta questa mattina presso l’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. L’avvocato Salvatore Di Gioia, nella sua arringa difensiva, ha chiesto alla Corte di ritenere “prescritto” il reato per cui è accusato “Paolotto”, come si faceva chiamare Rizzuto da piccolo.
All’epoca del duplice omicidio aveva sedici anni e conosceva bene Nino Agostino. La notte prima dell’esecuzione avevano trascorso la serata a pescare per poi pernottare in casa dell’agente. Rizzuto quel 5 agosto chiese con insistenza ai familiari di Agostino “ma quando arriva Nino”, per poi allontanarsi all’improvviso per recarsi a casa dello “zio acquisito”, come si è definito in aula Antonino Castiglione nel corso del processo.


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Salvatore Di Gioia


Nel corso della requisitoria la procura generale ha chiesto l’assoluzione per Rizzuto anche se, secondo il sostituto procuratore Umberto De Giglio, “ha dichiarato il falso” in ordine a quanto accaduto nel giorno e nel luogo in cui fu commesso il delitto - al quale avrebbe addirittura assistito secondo il pentito Francesco Marino Mannoia - e in generale, su quanto a sua conoscenza. Falsità che avrebbe reso in un verbale di sommarie informazioni del 9 agosto 1989.
Sui fatti del 5 agosto '89 Rizzuto verrà risentito diversi anni dopo sulla base di intercettazioni raccolte dagli inquirenti, il 22 febbraio 2018.
“Quando un soggetto rende plurime dichiarazioni tutte mendaci - ha detto l’avv. Di Gioia questa mattina - il reato si consuma nel momento della prima dichiarazione, non certamente dell'ultima. Ed è un unico reato. Non potremmo certamente né considerare plurimi reati né tantomeno considerare che il reato si consuma con l'ultima deposizione anche perché se proprio ce lo dobbiamo dire, sposando la tesi della procura generale, se queste dichiarazioni sono mendaci o reticenti credo che la più reticente dell'assoluto sia la prima”. Ad ogni modo, sposando questo ragionamento, ha spiegato Di Gioia, “il reato si sarebbe consumato alla data dell'8 agosto del 1989 e quindi ritengo che oggi debba ritenersi definitivamente ed irrimediabilmente prescritto”.


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Il presidente della corte, Sergio Gulotta, con il giudice a latere, Monica Sammartino


A quell'epoca, ha continuato, “non avrebbe potuto nemmeno contestarsi all'imputato l'aggravante del metodo mafioso che non era stata ancora introdotta al nostro legislatore. Quindi eventualmente, la contestazione laddove avvenisse il retrocesso a quella data, sarebbe quella di favoreggiamento ma non di favoreggiamento aggravato al metodo mafioso”. Per questo motivo, secondo Di Gioia, la Corte deve esprimere il “non doversi procedere per intervenuta prescrizione e nel merito l’assoluzione perché il fatto non sussiste”.
Parere ovviamente contrario a quello dell’avvocato di parte civile Calogero Monastra, legale di Salvatore Agostino (fratello di Nino), che nelle precedenti udienze aveva evidenziato alla Corte che invece sussiste la reticenza dell’imputato. Monastra, infatti, ha ritenuto configurabile il delitto così come contestato nel capo di imputazione e commesso in data 22 febbraio 2018 “quando sentito in qualità di persona informata sui fatti (Rizzuto Francesco Paolo, ndr) ha riferito circostanze false idonee a sviare le investigazioni che in quel momento si stavano svolgendo”. Le informazioni riguardavano, tra le altre cose, il motorino con cui lui si allontanò dai pressi dell’abitazione degli Agostino. Per l’avvocato di parte civile Fabio Repici, inoltre, Francesco Paolo Rizzuto ha agito su induzione di qualcuno. Se fosse stato un uomo adulto le condotte che ha compiuto avrebbero tutti i caratteri del concorso in omicidio”.
“Ma anche ammettendo per un attimo che il Rizzuto sia stato reticente nelle dichiarazioni circa il motorino, tecnicamente ai fini del reato in contestazione, cioè quello di avere favorito i soggetti indagati ad assicurarsi l'impunità, che si sia allontanato a piedi o in motorino non cambia sostanzialmente”, ha concluso Di Gioia.
La prossima udienza del processo è stata calendarizzata per il 3 maggio. A giugno è attesa la sentenza.

Foto © Paolo Bassani

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