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La seconda sezione penale della corte di Cassazione (presieduta da Elisabetta Rosi) ha respinto l'istanza di revisione avanzata dai legali del boss palermitano di Pagliarelli Nino Rotolo e da quelli di Nino Cinà in merito ad un processo relativo al caso di lupara bianca con cui fu fatto sparire l'11 gennaio del 2006 il reggente del clan di Resuttana, Giovanni Bonanno, perché "se ne andava di testa sua" e avrebbe fatto la cresta sul pizzo.
Il verdetto di condanna all'ergastolo, come riportato da Palermo Today, era stato emesso a carico di Rotolo e Cinà a febbraio del 2009 dall'allora gup Mario Conte, poi confermato dalla Corte d'Assise d'Appello e diventato definitivo a maggio del 2011. Per lo stesso delitto sono stati condannati, con un altro processo, anche Salvatore Lo Piccolo e Diego Di Trapani.
Rotolo e Cinà, che avevano scelto al tempo di essere giudicati con il rito abbreviato, hanno chiesto nei mesi scorsi la revisione, ritenendo di essere stati condannati ingiustamente e rivendicando la loro innocenza.
La Cassazione, però, ha bocciato la richiesta e confermato la decisione già assunta dalla Corte d'Appello di Caltanissetta il 30 marzo dell'anno scorso.


Le dinamiche dell'omicidio e la tesi della difesa

Per i giudici la decisione di ammazzare Bonanno fu presa da tutti e quattro gli imputati: "Il succedersi degli eventi mostra chiaramente la costante determinazione omicida nei confronti di Bonanno da parte del gruppo mafioso facente capo al Rotolo e al Cinà; il progressivo ineluttabile coinvolgimento nell'omicidio del sodalizio mafioso di appartenenza della vittima, il mandamento di Resuttana; il graduale diretto personale interessamento di Di Trapani, una volta ritornato reggente del mandamento; nonché l'allargamento della responsabilità della decisione omicida al capo della componente mafiosa allora antagonista di Rotolo, vale a dire Salvatore Lo Piccolo", come viene riportato anche nella sentenza della Cassazione.
In altre parole è stata affermata una "coesistenza di distinte volontà omicida di Lo Piccolo e Di Trapani, oltre che di Rotolo e Cinà" con le sentenze già passate in giudicato.
Secondo le difese, invece, la volontà di uccidere Bonanno sarebbe stata solo del mandamento di Resuttana. Gli imputati, inoltre, sostenevano che un incontro tra Cinà e Lo Piccolo proprio per affrontare "il problema Bonanno", il 23 dicembre del 2005, in realtà non sarebbe mai avvenuto.
I giudici però non sono stati convinti da questa versione. Infatti nel box di Nino Rotolo, utilizzato per le sue conversazioni riservate (che erano però tutte intercettate), quest'ultimo stava parlando, il 21 ottobre del 2005, con Cinà: si parlava di "astutari a lampadina ru Bonanno" e faceva anche riferimento a "Diego", cioè Di Trapani.
L'ordine di uccidere Bonanno, inoltre, sarebbe partito da Bernardo Provenzano in persona: in un pizzino ritrovato a Montagna dei Cavalli. Nel documento, riporta sempre Palermo Today, c'era scritto: "Con D. abbiamo dovuto prendere questa amara decisione" e il riferimento, comunicato all'allora capo dei capi di Cosa nostra, era proprio a Bonanno.

Fonte: palermotoday.it

Foto © Imagoeconomica

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