Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Gli interventi alla conferenza organizzata da Pianeta Amore all'Ars

"Il problema c'è, ed è un problema che si sottovaluta perché non si contrasta soprattutto in termini educativi. Bisogna partire proprio da ciò che avviene all'interno delle famiglie"; in particolare "è necessario rivolgersi alla fascia dei minori per diffondere una cultura che non sia quella dello stupro".
Sono state queste le parole del criminologo Federico Carbone intervenuto ieri nella sala 'Piersanti Mattarella' del Palazzo della Regione Siciliana a Palermo nell'ambito di una conferenza sulla violenza di genere organizzata dall'associazione 'Pianeta Amore' (Presidente Angelo Pullara, presente in sala).
Il femminicidio, si è ricordato, è una piega sociale, distrugge vite, famiglie, fa a pezzi la dignità umana.
Le vittime sono costrette, il più delle volte, ad un esilio dalla propria terra per lo stigma sociale che gli viene imposto; alcune, invece, spinte dalla vergogna arrivano a togliersi la vita.
Il femminicidio "non è soltanto l'uccisione fisica" ma "ogni opera di coercizione, di violenza, di abuso psicologico silente che una donna è costretta a subire senza denunciare, senza poter venire fuori, senza trovare ascolto perché ci troviamo dinanzi ad una società, e questo purtroppo costa anche le forze dell'ordine, impreparato a rispondere a questa emergenza".
Anche i giudizi e il bigottismo sono parte integrante di questa violenza: 'se la sono cercata' si sente dire quando c'è una violenza sessuale. "Questo è il patriarcato" ha aggiunto il criminologo, "questo è il modo di ragionare che alimenta la violenza ed è quello che culturalmente noi dobbiamo scardinare e contribuire a scomporre".
Questo si traduce "nell'insegnare ai nostri figli e ai nostri ragazzi a controllare la rabbia. E questo come si fa? Praticando la gentilezza, rivolgendoci in maniera rispettosa verso gli altri, in particolare verso le donne, ed è quello che molto spesso non avviene".
Esempio lampante sono i genitori che litigano davanti ai figli: "Il semplice fatto di minimizzare, denigrare, litigare con la propria consorte dinanzi ai figli è qualcosa che andrebbe evitato, chiaramente intendo da ambe due le parti. Perché anche quella, come diceva giustamente l'avvocato, è una forma di abuso. Si chiama ACA, Adversary Childhood Abuse. I nostri figli, che molto spesso, purtroppo, se non informati adeguatamente, potranno sfociare in comportamenti maltrattanti, in condizioni che poi vanno ad alimentare la cultura macista, maschilista, patriarcale". Quest'ultimo termine è spesso "utilizzato in maniera impropria soprattutto sui social tanto che si è fatto quasi intendere come se il patriarcato fosse" in qualche modo "la causa diretta degli omicidi". Difatti, secondo Carbone, vi sono anche altre concause: “Ci sono aspetti comportamentali che noi possiamo individuare, ma soprattutto il problema è di matrice culturale”. "Molti si iscrivono a dei gruppi Telegram ad esempio, in cui non si fa altro che inneggiare a quella che è la cultura macista, maschilista e che poi sfocia anche nel femminicidio. Potrà sembrare un'estremizzazione questa, ma in realtà non lo è".
Su questi gruppi si inneggia allo stupro, alla violenza, alla denigrazione della figura della donna e chi si fa portavoce di tali azioni riceve consensi e apprezzamenti. "Poi è chiaro - ha ripreso Carbone - ci sono degli aspetti criminologici, psicologici, dietro dei tratti comportamentali, antisociali, c'è la famosa dark tribe, la triade che accomuna molti serial killer o anche autori di femminicidio. Ad esempio parliamo di caratteristiche comportamentali come il narcisismo. Narcisismo, attenzione, non parliamo di entità lieve di narcisismo perché quello è un disturbo, il disturbo narcisistico accomuna quasi tutti quanti noi e ci serve perché è quello che ci spinge a fare carriera, ci spinge comunque ad entrare in competizione ma in maniera sana con noi stessi. Lì parliamo di estremizzazioni patologiche del narcisismo".
Un narcisismo che si riflette anche nel controllo ossessivo sulla persona, come ha spiegato il deputato Ismaele La Vardera - partito Sud chiama Nord - in collegamento da Roma: "Come sei vestita? Mandami una foto prima di uscire; fammi una videochiamata perché io possa sapere con chi sei; mandami la posizione in tempo reale".
Tutte queste rappresentato il controllo sulla donna che l'uomo vuole avere.


violenza di genere ars 02

Daniela Carlino: "Per noi vittime un fine pena mai"

A prendere parola durante la conferenza è stata anche Daniela Carlino - nipote di Ninni Giarrusso, uccisa a 65 anni nella sua bottega di via Dante con 27 fendenti.
Un omicidio "cha ha sconvolto l'intera città e che ha lasciato dentro di me un segno indelebile. Perché per me lei era una seconda mamma, una ferita lacerata che ancora non si è del tutto cicatrizzata perché non abbiamo ottenuto giustizia anche se sono passati 12 anni". "Il dolore - ha detto - resta solo per noi familiari delle vittime".
Un fine pena mai, peggio di qualsiasi ergastolo.


I delitti e le pene

Durante la conferenza ha preso la parola anche l'avvocatessa Cinzia Minì del foro di Termini Imerese la quale ha ricordato che "la violenza non riguarda solo le donne, dobbiamo anche dirlo, ma anche gli uomini possono subire atti di violenza".
Con questo termine si intendono "le varie forme di violenza, che può andare dalla violenza sessuale, fisica, psicologica".
Come si potrebbe agire?
Per quanto concerne il codice penale, ha detto l'avvocatessa, "bisogna sottolineare l'importanza dell'inasprimento delle pene"; tuttavia questo serve?, ha chiesto.
Quanto le persone sono consapevoli dell'aumento di pena e percepiscono l'effetto deterrente?
Secondo Cinzia, "dovremmo parlarne di questo inasprimento, non dobbiamo aspettare che possa accadere un fatto, un fatto spiacevole, un fatto gravissimo che poi fa piangere l'Italia".
Per Maria Pia Espostio, donna vittima di violenza, "prima di chiedere pene più severe, io chiedo più carceri" perché "il giudice,  grazie a chi ha avuto il coraggio di denunciare, condanna il colpevole" ma il carnefice potrebbe scontare la sua "pena ai domiciliari, dove è più facile fuggire".
Per questo solo dopo che esisterà una tutela per "queste donne coraggio chiederò pene più severe, anche a primo reato, per scoraggiare il successivo".
Ci sono certamente operatorie che cercano di operare sul piano della prevenzione come Lisa Vanelina - assistente sociale - che ha ribadito l'importanza di tenere alta l'attenzione per "promuovere la cultura del rispetto".
Non sono mancati alla fine due interventi: una ragazza vittima di violenza ha proposto che all'interno delle scuole vi siano dei presidi di psicologi e assistenti per "capire se una situazione in famiglia possa portare alla violenza"; il secondo intervento è stato quello di una madre la cui figlia è stata la vittima del suo compagno per oltre due anni: "I figli devono imparare a parlare, perché non parlano con noi genitori. Chiedo alla regione siciliana di aprire più consultori perché è lì che le ragazze vanno". E poi ancora: "Non è vero che veniamo seguite, mia figlia non è stata seguita da nessuno".

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos