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Le scorie versate nel sottosuolo portano tanti calabresi a una morte rapida. La nuova inchiesta de Le Iene con testimonianze dirette e documenti desecretati

La 'Ndrangheta potrebbe aver trasformato la Calabria in una nuova "terra dei fuochi". E’ questo che emerge dall’inchiesta di Giulio Golia e Francesca Di Stefano sui rifiuti tossici e radioattivi che sarebbero stati smaltiti illegalmente dalle locali della mafia calabrese, sia sotto terra che nelle profondità del mare, con le famose “navi a perdere”. Nella regione, infatti, negli ultimi anni è esplosa una silenziosa epidemia di tumori che ha falcidiato le vite di intere paesi calabresi. Ad Africo, feudo del potente clan dei Morabito, sono morti in moltissimi. Il cimitero del paesello alle pendici dell’Aspromonte è pieno di persone decedute prematuramente per gli effetti delle radiazioni, giovani, donne e anziani.
Numerosissimi elementi indiziari inducono a ritenere che le cosche abbiano trasformato la Calabria meravigliosa in una pattumiera d’Italia e d’Europa. Uno di questi elementi sono le informative del Sisde risalenti a oltre 30 anni fa declassificate solo nel 2014 in cui i servizi segreti affermavano chiaramente: “Esiste un grosso traffico internazionale di sostanze radioattive gestito dalla ‘Ndrangheta”. Gli stessi ‘ndranghetisti a un certo punto, dopo aver contrabbandato lo scarico e gli interramenti di barili e container di rifiuti radioattivi nel loro territorio in cambio di partite di armi si sono chiesti se il gioco ne sia valso la candela per le morti improvvise di tanti, troppi.
Dice che stanno scoppiando, questi inquinano le falde d’acqua, è pericoloso questo discorso […] perché qua è una distruzione di paesi, di famiglie tutti con leucemia,  ragazzini di 6 anni… 7 anni”, affermava, intercettato, il boss Nicola Romano parlando con il boss Vincenzo Melia.
Lo stesso boss di Africo Giuseppe Morabito confessò di aver autorizzato la scarico di scorie nel territorio di Africo in cambio di una partita di armi. Scorie provenienti dalla Germania e seppellite a Fiumara La Verde dove, ancora oggi, fumi fuoriescono dal terreno. Ci sono “piloni di 27 metri sotto terra”, afferma un residente.
Anche il pentito dei casalesi Carmine Schiavone (morto nel 2015), rivelò, a suo tempo, che oltre al territorio campano, tonnellate di rifiuti tossici erano stati versati anche nel sottosuolo calabrese. “Caricavano fusti tossici, tutto quello che Cristo ha creato”. Schiavone nel 1997 disse che il sistema campano era speculare a quello calabrese. “So, per esperienza, che fino al 1992 la zona del sud fino alle Puglie era tutta infettata da rifiuti tossici provenienti da tutta Europa”, mise a verbale l’ex camorrista. Solo nel 2011 venne tolto il segreto di Stato su quei verbali.
Ma gli sversamenti sono avvenuti anche in mare, con le cosiddette “navi a perdere”: intere navi cargo, con rifiuti pericolosi ingombranti e non smaltibili che venivano affondate per farli sparire. Un sistema molto complesso e molto comodo perché “si ottenevano doppi risultati - ha affermato Alessandro Bratti, ex presidente della Commissione Ecomafie - cioè la frode assicurativa e lo smaltimento a costo zero di questi rifiuti allora molto ingombranti per il nostro paese”.
Un sistema corroborato e oleato - come emerso nell'inchiesta sulla nave Rigel - che prevede piani di carico falsi, la corruzione di doganieri e personale portuale compiacente e blocchi di cemento a protezione dei rifiuti tossici che poi venivano fatti affondare con il sabotaggio della nave. Come la Rigel, ce ne sarebbero state decine di “navi a perdere”.
E quando smaltire le navi in mare diventava complicato, anche per il rischio di essere scoperti dai registri o da testimoni, si usavano “tumulazioni nel cemento”. Un particolare inquietante, questo, raccontato da un geometra alla Direzione Nazionale Antimafia. Si sospetta, per esempio, che nella Galleria Limina, situata nell’autostrada che collega Rosarno a Gioiosa Ionica, i rifiuti radioattivi sarebbero stati impastati nel cemento usato per realizzare l’ultimo tratto della galleria.
E poi ci sarebbero stati episodi in cui i barili di rifiuti radioattivi sarebbero stati gettati direttamente al largo dello Ionio. Come testimoniato da alcuni pescatori, sempre negli anni ’70, davanti a Montauro. Entrambi ammalatisi di leucemia mieloide cronica, attribuibile solo ad esposizione a radiazioni. Uno scenario tragico nel quale tanti innocenti, grandi e piccoli, si avvelenano ogni giorno. “La Calabria è una nuova e importante Terra dei Fuochi con rifiuti tombati nei terreni ed il conseguente aumento dell’inquinamento ambientale”, aveva detto qualche anno fa la pm lametina Marica Brucci.

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