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L'ex pm intervistato da Il Fatto Quotidiano

Questo articolo, che riproponiamo ai nostri lettori, è stato scritto in data 12-11-2023.

Sono parole tanto nette quanto condivisibili quelle che Antonio Ingroia, intervistato da Giuseppe Pipitone per Il Fatto Quotidiano, ha rilasciato a commento delle motivazioni della sentenza di Cassazione sul processo conosciuto come Trattativa Stato-mafia.
“Questa sentenza odora più di politica che di diritto, la Cassazione si è spinta oltre le colonne d’Ercole” ha commentato Ingroia dopo aver letto le 95 pagine di motivazioni, depositate nei giorni scorsi.
L'ex magistrato, oggi avvocato, fu un protagonista assoluto di quell'inchiesta che ha visto, accanto ai mafiosi, imputati eccellenti. Lo scorso aprile, la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza d'appello.
Furono assolti, con la riqualificazione del reato contestato in tentata minaccia, per intervenuta prescrizione i due capimafia, Leoluca Bagarella (cognato di Totò Riina) e Antonino Cinà (il medico del Capo dei capi che aveva fatto da “postino” al papello, cioè la lista delle richieste della mafia allo Stato per fermare le bombe).
Assolti gli alti ufficiali del Ros Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni (che a differenza degli altri due non aveva presentato ricorso) “per non aver commesso il fatto”. Una pronuncia di non colpevolezza più ampia rispetto a quella di secondo grado dove furono assolti con la formula perché “il fatto non costituisce reato”.
Assolto definitivamente anche l'ex senatore Marcello Dell'Utri, già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
"Con tutto il rispetto per i giudici della Cassazione, questa sentenza ha passaggi molto deboli in punta di diritto - ha aggiunto Ingroia - Mi sembra che si fosse pregiudizialmente deciso di chiudere questo capitolo. E di doverlo chiudere con l’assoluzione più ampia possibile per gli uomini dello Stato". Secondo l'ex pm un punto debole della sentenza è il dato per cui "la percentuale molto elevata di ricorsi viene dichiarata inammissibile perché si chiede alla Corte di entrare nel merito. E questo la Cassazione non lo può fare. Questa volta i giudici sono andati ben al di là di quanto mai fatto in passato. Scrivono che hanno ritenuto ammissibile il ricorso perché non gli è stata chiesta una diversa valutazione degli elementi di prova. E dunque hanno verificato se fossero stati rispettati i canoni probatori al di là di ogni ragionevole dubbio. Al di là di ogni ragionevole dubbio è un criterio solo per chi viene condannato, non per chi è stato assolto. Mori, Subranni e De Donno erano stati assolti in appello".
"A mio parere - ha proseguito l'ex procuratore aggiunto di Palermo - la Cassazione non può cambiare la formula assolutoria - da il fatto non costituisce reato a il fatto non sussiste - solo perché il medesimo fatto non è provato al di là di ogni ragionevole dubbio. Si può fare solo nei confronti di chi è stato condannato. E questo lo prevede la giurisprudenza della stessa Cassazione: i precedenti citati sono tutti casi di annullamento di sentenze di colpevolezza. Non è sembrata convincente la motivazione dell’appello: credo che sia un caso classico in cui occorreva un nuovo processo di secondo grado. Soprattutto per approfondire il passaggio del transito della minaccia dai carabinieri al governo".
Leggendo la motivazione della sentenza appare evidente che per i Supremi giudici non vi sia stata la prova che la minaccia mafiosa sia arrivata ai governi Amato e Ciampi. Secondo Ingroia anche questa è una contraddizione della sentenza in quanto "da una parte - per assolvere i carabinieri - valorizza percorsi alternativi attraverso i quali le minacce sarebbero arrivate al governo. Dall’altra, però, dice che il reato di minaccia non è stato consumato. Ecco perché occorreva un altro processo. Ed ecco perché per me questa è una sentenza che odora di politica. Non mi spiego altrimenti questa sentenza saracinesca. Una sentenza con la quale bisogna chiudere definitivamente un capitolo giudiziario e storico. La magistratura non deve avventurarsi su questi terreni”.

Foto © Paolo Bassani

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