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Suggeriva alla vice di dire di aver perso il telefono per impedire ai pm di accedere alle chat con il vice all'Interno riguardo al passaporto di Marset

Il ministro degli Esteri dell’Uruguay Francisco Bustillo (in foto) ha rassegnato mercoledì le dimissioni dall'incarico dopo la diffusione di alcuni audio nei quali avrebbe chiesto alla ex vice, Carolina Arche, di non collaborare con la giustizia in una indagine riguardante Sebastian Marset (31 anni), cittadino uruguaiano, ex calciatore, accusato di traffico internazionale di stupefacenti. "Per evitare qualsiasi sospetto legato al fatto che io possa esercitare ingerenze su terzi, utilizzando la mia posizione di potere, informo che è tale la mia tranquillità che ho presentato le dimissioni", ha scritto Bustillo in una nota. Marset, da mesi in cima alla lista dei ricercati dalla giustizia di numerosi Paesi dell'America latina, è accusato tra le altre cose di un coinvolgimento nell'omicidio di Marcelo Pecci, il procuratore paraguayano anti-mafia ucciso in luna di miele in Colombia lo scorso anno.
Nello specifico, l'ex ministro avrebbe detto ad Ache di far sparire il telefono cellulare, negando così agli inquirenti l'accesso a delle conversazioni via chat con il numero due del ministero dell'Interno, Guillermo Maciel. Arrestato negli Emirati Arabi Uniti, il narcotrafficante Marset aveva chiesto e ottenuto dal consolato uruguaiano un passaporto che gli permetteva in tempi rapidi di uscire dal Paese. Il documento veniva però rilasciato nelle ore in cui Maciel chiedeva ad Ache di verificare se Marset, da lui definito un "narcotrafficante uruguaiano molto pericoloso", fosse ancora in arresto, dal momento che la notizia del suo rilascio, nel pieno di una indagine condotta in collaborazione con la Dea, sarebbe stata "terribile". Richiesta alla quale l'ex vice ministra rispondeva assicurando di "verificare".
Considerato oggi uno dei soggetti criminali più pericolosi del Latinoamerica, Marset Cabrera ha chiamato per la prima volta l'attenzione della magistratura nel 2013, per un processo su possesso di stupefacenti. Ma la salita alla ribalta l’ha avuta grazie ai legami con Juan Domingo Viveros Cartes, zio dell'ex presidente del Paraguay, Horacio Cartes (sul quale è stata aperta un’indagine per il coinvolgimento nel delitto Pecci). Un binomio accusato di aver organizzato e portato a termine l'invio aereo in Uruguay di un carico di 450 chili di marijuana. Tanto Viveros Cartes, pilota del velivolo, quanto Marset, che ha riconosciuto di essere il destinatario della spedizione, sono stati arrestati e condannati a pene carcerarie. Gli inquirenti sono peraltro convinti che la detenzione di Marset, da cui è uscito nel 2018, ha permesso di ampliare e fortificare in modo significativo la rete di contatti con la criminalità organizzata. Da allora, tracce della sua attività si sono iniziate ad accumulare in diversi paesi dell'America Latina. Nel 2021 viene arrestato a Dubai perché in possesso di un passaporto falso del Paraguay. Contattato il governo uruguaiano, Marset riesce a farsi dare in tempi record un nuovo passaporto, lasciare il Paese e tornare latitante.
La banda di Marset ha ricevuto a febbraio un duro colpo grazie alle indagini dell'operazione "A Ultranza Py", condotte anche grazie al lavoro di Pecci, ucciso a maggio dello stesso anno. Due eventi collegati tra loro secondo gli investigatori. A maggio, la magistratura colombiana ha condannato due fratelli - Andres e Ramon Perez Hoyos - per aver pianificato l'omicidio e pagato il sicario che l'avrebbe portato a termine. I mandanti, si pensa ma ancora non ci sono prove, sarebbero Marset e il paraguayano Miguel Insfran detto "tio rico".

Foto © Wikimedia

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