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L’ex magistrato ha ricordato anche quando “‘Re Giorgio’ ha ottenuto la distruzione delle sue intercettazioni con Mancino” 

Restano critiche le condizioni di salute dell’ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che il 25 giugno scorso ha compiuto 98 anni. Dopo il ricovero all’interno di una clinica romana avvenuto circa 4 mesi fa, il suo quadro clinico sarebbe, infatti, peggiorato nel corso degli ultimi giorni. Dunque, queste sono ore in cui resta alta l’attenzione per la salute di un uomo che rappresenta, senz’altro, un pezzo di storia della nostra Repubblica. Lo ha ricordato anche un articolo a firma di Luigi de Magistris, pubblicato nelle scorse ore sulle pagine del quotidiano “La Notizia”: “In linea non di rado con Silvio Berlusconi e con il pensiero liberista più incontrollato, sotto la sua presidenza - ha scritto l’ex magistrato - si è consumata una delle stagioni più devastanti nella distruzione dello Stato sociale e dei diritti costituzionali fondamentali. E’ stato un fautore convinto delle politiche di austerità, dei vincoli di bilancio e della privatizzazione selvaggia della maggior parte dei servizi pubblici essenziali. Un comunista che ha tradito molti valori del comunismo. Eletto per ben due volte ai vertici dello Stato, Napolitano è stato sostenuto dai poteri forti del nostro Paese, rompendo una tradizione costituzionale che reputa non eleggibile una seconda volta la stessa persona”. 

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L'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano @ Imagoeconomica


Un conflitto d’interessi
Secondo de Magistris, la storia di Napolitano sarebbe caratterizzata anche da una netta incapacità riguardo alla tutela dei principi costituzionali vigenti nel nostro Paese. Infatti, l'ex magistrato, da anni impegnato in politica, ha voluto ricordare l'attività istituzionale di Napolitano, un’attività che avrebbe ostacolato la ricerca della verità riguardo ai gravi eventi che si sono verificati in Italia negli ultimi trent'anni. “Una delle vicende più inquietanti di cui si è reso responsabile il capo dello Stato e Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, è il conflitto di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale sollevato, nella veste proprio di Presidente della Repubblica, con la Procura di Palermo nell’ambito delle indagini sulla cosiddetta trattativa tra pezzi di Stato e Cosa nostra. Indagini - ha proseguito - che tendevano a chiarire il ruolo di esponenti apicali delle istituzioni, soprattutto dopo l’assassinio del Procuratore Paolo Borsellino. Un omicidio di Stato, in cui viene eliminato il pm che aveva scoperto che pezzi di Stato stavano trattando con Cosa nostra dopo l’uccisione di Giovanni Falcone a Capaci. Un attentato terroristico-mafioso che ha avuto evidenti effetti politici, dal momento che Giulio Andreotti non divenne più Presidente della Repubblica e Bettino Craxi, Presidente del Consiglio”. Un ruolo, quello esercitato da Giorgio Napolitano, che avrebbe dimostrato anche un conflitto d’interessi notevole. Soprattutto quando “ha chiesto e ottenuto” la distruzione delle intercettazioni telefoniche “tra lui stesso e il vicepresidente del Csm Nicola Mancino”, disposte dalla magistratura di Palermo nel tentativo di scoprire la verità sulle tragiche vicende di Capaci e Via d’Amelio, ma anche quelle avvenute nei mesi successivi in diverse città italiane. “Senza quelle intercettazioni”, registrate nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, “non sapremo mai cosa si sono dette le più alte cariche dello Stato e sarà più difficile apprendere perché furono uccisi Falcone e Borsellino”. E ancora: “Mentre la mafia più violenta e crudele aveva progettato un attentato al pubblico ministero titolare dell’indagine, Nino Di Matteo, Napolitano chiedeva contestualmente al Procuratore Generale della Cassazione il procedimento disciplinare nei confronti del predetto magistrato”. 

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Il sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia Nino Di Matteo @ Imagoeconomica


La vicenda “Why Not”
Infine, de Magistris ha voluto ricordare anche gli anni dell’inchiesta “Why Not”, nell’ambito della quale, in qualità di pm, fece acquisire alcuni tabulati telefonici poi risultati intestati a diversi parlamentari. Proprio l'inchiesta “Why Not” fu l'ultima attività coordinata da Luigi de Magistris a Catanzaro; un’attività che porta con sé il ricordo di numerose denunce che non hanno mai trovato alcun sostegno in grado di dar vita ad un provvedimento disciplinare. “Sempre nella stessa qualità di capo dello Stato e Presidente del Csm, Napolitano è stato determinante a provocare il mio allontanamento dalla Calabria durante il periodo in cui mi furono sottratte le indagini sui rapporti tra ‘Ndrangheta, politica, ma anche magistrati collusi, esponenti deviati di forze di polizia e servizi segreti, con il collante delle logge occulte.” - prosegue - “Il Csm, presieduto da Napolitano e Mancino, dispose il mio trasferimento dalla Calabria per incompatibilità ambientale. Ci impedirono di continuare a lavorare su una rete criminale potentissima e sulla quale ha investigato anche il Procuratore Nicola Gratteri, che Napolitano non volle come ministro quando era Presidente della Repubblica. E quando altri magistrati, pubblici ministeri della Procura della Repubblica di Salerno, accertarono la correttezza del mio operato e le interferenze criminali delle quali ero ed eravamo vittime, furono anche loro trasferiti immediatamente su impulso determinante di Napolitano”.

Fonte: La Notizia

Foto @ Imagoeconomica

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