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Sequestri di persona e droga: ecco come l’ombra dei clan oscura la città

La situazione sul traffico di droga a Roma è veramente preoccupante, se non è fuori controllo poco ci manca, nonostante l’impegno, le operazioni, le indagini, gli arresti e le condanne che si susseguono. In città l’offerta è enorme perché risponde ad una domanda ancora più grande”. A dirlo è stato il Procuratore di Roma Francesco Lo Voi intervenuto nelle scorse settimane davanti alla Commissione parlamentare antimafia. A differenza di Palermo, in cui Cosa nostra occupa l’80% delle indagini, ha aggiunto, nella Capitale la situazione è diversa. A Roma le organizzazioni criminali “cercano di prosperare ed espandersi ma il territorio, per quanto esteso, è limitato. E per convivere si collabora, ci si spartisce le piazze, finché non sorgono contenziosi che si risolvono con altri crimini: sequestri di persona, gambizzazioni, incendi, omicidi”. Una città diversa dall’immaginario comune, che nasconde uno spaccato inquietante: rapimenti in cambio di soldi. Un tema su cui questa mattina è tornato anche Nello Trocchia sulle pagine del Domani. Non si tratta di fatti sporadici. A Roma, ha ricordato il quotidiano, solo nel 2022 sono stati quasi 70 i sequestri di persona. La cronaca locale li ha catalogati sempre come fatti singoli slegati fra loro, quando in realtà - e questo è ciò che più preoccupa - rientrano in uno schema. Un modus operandi usato come garanzia per il traffico di droga. E Roma è un grande outlet dove si possono fare affari, gestire piazze di spaccio e in cui ogni clan può accaparrarsi con la forza il suo gradino sociale, il suo business. Trocchia nel suo articolo ha ricordato la caratura criminale di personaggi come Leandro Bennato, detto “il Biondo”, arrestato - grazie ad un’inchiesta della Dda capitolina - per sequestro di persona (ben tre in un mese) e detenzione ai fini di spaccio di 107 chili di cocaina. Tra le persone rapite c’è stata anche una donna appartenente alla famiglia Bevilacqua, imparentata a sua volta con i Casamonica. Il sequestro serviva per ottenere indietro una partita di droga che gli era stata sottratta. Di Bennato, il gip di Civitavecchia, che aveva convalidato il fermo e applicato la misura cautelare in carcere trasmettendo poi gli atti a Roma, aveva sottolineato nell'ordinanza come ''la capacità di muovere e gestire elevatissimi carichi di sostanza stupefacente, del valore di milioni di euro, mostra la capacità di sottrarsi alle ricerche degli investigatori da parte del Bennato, anche sotto il profilo economico''. Un personaggio che ha saputo instaurare rapporti alti tanto da entrare in contatto anche con Costantino Sgambati: narcotrafficante definito referente della ‘ndrina Bellocco nella Capitale.
Situazione analoga, ha scritto Trocchia, la si intravede tra le vie dei quartieri come San Lorenzo che è diventato specchio della città a causa delle violenze e della droga a fiumi che ha invaso le strade. “San Lorenzo sta assumendo le sembianze di una piazza di spaccio a cielo aperto, dove manca ogni tipo di controllo”, ha scritto raccontando poi la vicenda del giovane Mirko Di Leo. Un nome di recente condannato per spaccio in quanto ritenuto “responsabile di una fitta rete di spaccio nel quartiere di San Lorenzo”, si legge nell’informativa riportata nella sentenza di Cassazione.
Insomma, eravamo abituati ad un’altra immagine di Roma, legata alla storica inchiesta di “Mafia Capitale”. Appare sempre più evidente, però, che per intravedere il sistema criminale capitolino non è indispensabile addentrarsi nel mondo dei colletti bianchi e del terzo livello. A Roma c’è una rete criminale sorretta da un business fatto di droga e rapimenti che si è fatta sistema.

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