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"Se Mino Pecorelli avesse avuto il tempo di pubblicare il dossier su Avanguardia Nazionale non sarebbe stato ucciso. Non ci sarebbe stato il movente a quel punto. Ma non ha avuto il tempo di pubblicare". Così ieri sera a Termoli Raffaella Fanelli, autrice del libro 'La strage continua' che fa luce sull'uccisione del giornalista molisano Mino Pecorelli, avvenuta a Roma nel marzo del 1979.
La giornalista è stata raggiunta dall'agenzia ANSA che l'ha intervistata. "Spero che il pm Erminio Amelio che ha in mano le indagini sull'omicidio abbia il coraggio di chiedere un rinvio a giudizio visto che ci sono tutti gli estremi, tutte le possibilità per farlo - ha aggiunto la Fanelli -. Le indagini sono in corso, spero che ci sia questo processo perché Mino Pecorelli lo merita". "Il mandante non è Giulio Andreotti - dichiara la Fanelli - ma un'altra persona, così come i killer. Sono stati individuati dalle indagini fatte dai legali della famiglia Pecorelli e dall'avvocato Giulio Vasaturo che rappresenta la Federazione della Stampa italiana che si è costituita parte offesa". 





L'Ordine dei giornalisti del Molise con il presidente Vincenzo Cimino si costituisce parte civile nel procedimento giudiziario ed ha nominato l'avvocato Vincenzo Notarangelo del foro di Larino (Campobasso).
"Il movente è in quell'archivio dove c'è tutto il materiale sequestrato in via Tacito, (redazione del giornale da lui diretto OP, ndr) e c'è un dossier che Pecorelli aveva raccolto sull'attività eversiva di Avanguardia Nazionale e il movente va cercato in quelle pagine, in quelle carte, in quel dossier che Mino Pecorelli non ha avuto il tempo di pubblicare. E un giornalista viene ucciso per quello che non ha pubblicato, non per quello che ha pubblicato. Sicuramente avrebbe denunciato il coinvolgimento di Avanguardia nazionale nelle stragi, anche nel golpe borghese, anche nella strage di Bologna. La pistola usata per uccidere il giornalista era custodita nell'arsenale di Avanguardia Nazionale e quindi c'è un loro coinvolgimento altrimenti la pistola non sarebbe stata lì. Pecorelli incontrava le persone che sarebbero state travolte dai suoi scoop. E aveva fatto un grave errore. Aveva incontrato Federico Umberto D'Amato tre giorni prima di essere ucciso e aveva fissato un appuntamento con Licio Gelli. Quindi, il movente dell'omicidio riguarda queste due persone che oggi vengono indicate come i mandanti della strage di Bologna". 
"Noi cerchiamo solo la verità - ha dichiarato Vincenzo Cimino, presidente dell'Ordine dei giornalisti del Molise -. È giunta l'ora dire la parola fine a questa barbara vicenda che ha segnato la storia del nostro Paese".

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