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Dalla lettura dell’ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia relativa al secondo semestre del 2021 emerge, in provincia di Lecce, la rappresentazione di una mafia imprenditrice. Le nuove modalità organizzative delle associazioni mafiose, infatti, “evolvendosi verso forme ‘imprenditoriali’, attuanoun più sottile e strategico piano di azione”.
I clan leccesi, facenti parte dello storico emisfero della Sacra Corona Unita, dimostrano una grande capacità di adattamento alla precaria situazione di insicurezza economica causata dalla pandemia passandocon scaltrezza dal ricorso alla sopraffazione a più raffinate modalità di infiltrazione nel tessuto economico legale.
“Condizione che consente il reimpiego del denaro provento dei traffici delittuosi e il sempre maggiore controllo delle attività costituenti il tessuto economico locale”, afferma il Questore di Lecce Andrea Valentino che ha sottolineato come le associazioni mafiose salentine sembrino “adottare una strategia finalizzata al reinserimento di personaggi di spicco, reduci da più o meno lunghi periodi carcerari, nell’economia e nelle società legali cercando di fornire loro una ricostituita immagine di imprenditori o lavoratori”.
Tutto questo si tramuta e concretizza in un inquinamento dell’economia legale che provoca disuguaglianze nella distribuzione del reddito, degli aiuti statali, dell’allocazione delle risorse produttive e quindi un’alterazione delle regole della libera concorrenza di mercato. Sono spesso i capitali frutto del traffico di sostanze stupefacenti ad essere riciclati dai sodalizi che così si infiltrano nell’economia sana condizionandola.
A comprovare quanto esposto, il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca di beni immobili per un valore complessivo di 1 milione e 200mila Euro eseguito dalla DIA il 7 dicembre 2021 per colpire un soggetto arrestato in Brasile nell’ambito dell’operazione “Skipper” del febbraio 2021, dalla quale è emerso il suo stretto legame con i boss della Sacra Corona Unita salentina nel traffico transnazionale di cocaina.
I clan leccesi mirano ad accrescere il loro consenso e, a tal fine, allungano le mani non solo nel tessuto socio economico ma anche sulle pubbliche amministrazioni. Lo confermano i numerosi provvedimenti interdittivi emessi dal Prefetto di Lecce nel semestre in esame e in passato lo scioglimento di alcuni enti locali interessati da condizionamenti mafiosi che pregiudicano il buon andamento e l’imparzialità dell’azione amministrativa.

La geografia criminale
Per quanto riguarda la geografia criminale del capoluogo salentino si registra, immutata, l’egemonia dei sodalizi Pepe-Penza e Briganti con il sostegno dei Tornese di Monteroni di Lecce. Il primo gruppo è stato duramente colpito in seguito all’operazione di polizia giudiziaria del 2020, denominata “Final Blow”. Tuttavia, segnali dell’attuale operatività del clan si riscontrano nell’importante ruolo ricoperto da due suoi elementi di spicco nell’ambito dell’indagine “Crypto” del settembre 2021 che ha appurato la loro posizione apicale e direttiva nell’ambito del narcotraffico gestito dalla ‘ndrina Pesce-Bellocco di Rosarno. Questa importante cosca della ‘Ndrangheta è attiva anche nell’importazione di cocaina dal nord Europa e dalla Spagna per poi smistare lo stupefacente in molte regioni italiane e all’estero. Soprattutto è stata fatta luce sui contatti tra un soggetto calabrese ed un luogotenente salentino al fine di aprire “un canale stabile di finanziamento di attività illecite: in materia di traffico ed importazione di sostanza stupefacente dall’estero in Calabria, per la successiva commercializzazione anche in territorio leccese”.
Il clan Pepe è egemone nel settore della droga e in quello dell’usura che “rappresenta, di fatto, l’anticamera della compravendita a buon mercato di attività economiche sull’orlo del fallimento da parte della criminalità organizzata che, per questa via, raggiunge il duplice obiettivo di poter riciclare capitali di provenienza illecita e di creare ulteriore ricchezza in favore delle organizzazioni malavitose”.


dia provincia lecce

Importante, a tal proposito, l’operazione condotta dalla Polizia di Stato il 9 settembre 2021 a scapito di un soggetto di nazionalità albanese condannato in abbreviato nel processo scaturito dall’inchiesta “Final Blow”. Le indagini e gli approfondimenti patrimoniali hanno fatto emergere il possesso, da parte dell’indagato, di notevoli somme di denaro impiegate per finanziare l’attività usuraria.
Il clan Briganti è molto attivo nel traffico di sostanze stupefacenti, come documentato dall’indagine “Game Over” della Polizia di Stato concretizzatasi l’8 aprile 2022. Dall’attività investigativa sarebbe emerso come il capo indiscusso del sodalizio avesse continuato a gestire dal carcere, con la complicità di familiari e affiliati fidati, le attività illegali rimpinguando le proprie fila con nuove affiliazioni realizzate attraverso i classici rituali di tipo mafioso e innalzando di grado affiliati già facenti parte della Sacra Corona Unita.
Nella provincia i clan mafiosi, fortemente ridimensionati rispetto al passato, sono generalmente capeggiati da interi nuclei familiari radicati nei piccoli comuni di residenza. Il clan Amato è riuscito ad infiltrarsi nell’economia legale: questo è appurato dalle motivazioni alla base del decreto di sequestro eseguito dai Carabinieri il 19 novembre 2021 nei confronti di uno dei massimi esponenti del gruppo. La misura patrimoniale era stata proposta dalla Procura della Repubblica di Lecce e dalla DIA dopo certosine verifiche sulla sperequazione redditi/beni.
Anche nella provincia la principale attività illecita è rappresentata dal traffico di stupefacenti “che ha determinato la formazione di una galassia malavitosa in cui criminalità organizzata e comune si fondono indissolubilmente”. Lo comprova l’operazione “Zeus” che ha fatto luce sulla presenza ad Ugento di un’associazione armata operativa nel traffico di cocaina e marijuana, guidata da un soggetto che avrebbe imposto il proprio monopolio nel settore del Basso Salento. Un soggetto che “in passato era stato un importante esponente della locale criminalità organizzata poi divenuto collaboratore di giustizia ma, evidentemente, ritornato nuovamente a delinquere”. Il soggetto in questione si autodefiniva “la leggenda del paese in ragione dei suoi trascorsi criminali” ed era in possesso di un cospicuo numero di armi.

Il core business dei clan
I clan della provincia sono molto attivi nel settore dei giochi. In questo settore opera il clan Coluccia di Noha di Galatina che, nonostante sia stato più volte disarticolato dalle inchieste negli ultimi anni e indebolito dalla collaborazione con la giustizia di un suo esponente, non ha lesinato sforzi per infiltrarsi nell’economia legale. Lo documenta l’indagine “Dirty slot” del gennaio 2020, che aveva smascherato la gestione da parte del clan di un grosso giro di affari nel settore delle slot e nella raccolta di scommesse di eventi sportivi fatte confluire sulle piattaforme informatiche di bookmaker esteri privi di concessione statale.
I sodalizi mafiosi, in linea di continuità col passato, sono attivi nel settore delle estorsioni anche attraverso segnali intimidatori e violenti perpetrati ai danni di beni mobili e immobili di artigiani, commercianti e imprenditori, ma anche di funzionari pubblici ed esponenti delle Amministrazioni locali.
La capacità aggressiva dei clan leccesi è comprovata dal cospicuo numero di armi sequestrate e suscita preoccupazione. Nel semestre in esame, la costa leccese ha visto lo sbarco di molti clandestini provenienti dai Paesi dell’Africa Sub Sahariana e del Medio Oriente. Resta sostanzialmente invariato il modus operandi utilizzato dalle organizzazioni criminali transnazionali per trasportare i migranti sul territorio italiano. Solitamente gli scafisti sbarcano sulla costa del Basso Adriatico, soprattutto sul litorale che da San Cataldo va fino a Santa Maria di Leuca. Più saltuari sono gli sbarchi sulle coste ioniche. Durante diverse operazioni di polizia sono stati fermati numerosi soggetti tra cui minori prevalentemente di etnia pakistana ma anche curdi, iracheni, iraniani, siriani, palestinesi, egiziani e cittadini provenienti dall’ex Unione Sovietica. Proprio per colpire il traffico irregolare di migranti, il 19 gennaio 2022, è stata eseguita dalla Guardia di Finanza l’operazione “Astrolabio” che ha consentito di scoprire l’operatività di un’organizzazione criminale attiva in diversi territori e specializzata al traffico di migranti verso le coste salentine mediante “il collaudatissimo sistema di pagamento denominato ‘Hawala’. Esso si basa su una vasta rete di mediatori e garanti che agiscono in varie zone dell’Unione Europea, come anche al di fuori dei suoi confini e che rende molto difficili i tracciamenti di denaro”.

Scarica la relazione: direzioneinvestigativaantimafia.interno.gov.it

Foto di copertina © Imagoeconomica

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