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L'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal gip di Bari nei confronti di Giovanni Iannoli, di 35 anni, accusato dell'omicidio di Antonio Fabbiano di 28 anni e del tentato omicidio di Michele Notarangelo di 25 anni ,avvenuti a Vieste il 25 aprile del 2018. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori quel giorno, intorno alle 22 in via Tripoli nel centro garganico ,Fabbiano e Notarangelo erano a piedi quando un commando di almeno due persone, armate di AK-47 e di pistola, ha sparato in direzione dei due. Fabbiano rimase ucciso mentre Notarangelo era riuscito ad evitare i colpi. Le indagini dei carabinieri e della polizia di Stato, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bari, con il contributo di un magistrato della Procura di Foggia, applicato alla Dda, hanno permesso di individuare uno degli autori dell'efferato delitto. Delitto che seconndo gli investigatori è connesso a quella lunga scia di sangue ,che ha visto Vieste e i comuni limitrofi teatro di numerosi e gravissimi omicidi e tentati omicidi nel periodo 2015-2019, e che ebbe inizio con l'omicidio di Angelo Notarangelo, detto "cintaridd", ucciso nel gennaio 2015 in un agguato di mafia. La collaborazione investigativa ha infatti permesso di raccogliere "gravi ed univoci elementi di colpevolezza" nei confronti di Iannoli, attualmente detenuto presso il carcere di Siracusa a seguito dell'indagine antimafia "Scacco al Re", svolta anche in questo caso congiuntamente dalla Squadra Mobile e dal Nucleo Investigativo di Foggia,; in relazione alla quale a tale operazione era stato arrestato anche il cugino Claudio Iannoli, detenuto anche  in conseguenza della precedente operazione antimafia "Agosto di fuoco", sempre della Squadra Mobile di Foggia. Dopo l'omicidio di Angelo Notarangelo, il potere criminale sulla Vieste era passato nelle mani di Marco Raduano, detenuto presso il carcere di Badu e Carros di Nuoro dopo l'operazione antimafia "Neve di Marzo" dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Foggia. L'omicidio di Giampiero Vescera ha poi sancito la scissione netta del clan e la conseguente creazione di due distinte fazioni organizzate: da una parte il gruppo "Raduano- Della Malva" e dall'altra il gruppo "Perna-IannoliI", la cui contrapposizione ha dato vita ad una sanguinosa guerra intestina ,finalizzata al raggiungimento del pieno ed assoluto controllo di tutte le attività illegali nell'area garganica costiera: dalle estorsioni agli imprenditori turistici, ai reati contro il patrimonio e la persona, al traffico degli stupefacenti, settore quest'ultimo enormemente fiorente e remunerativo, con proiezioni da e verso l'estero. L'operazione antimafia portata a termine è stata convenzionalmente denominata "Bohemian Rapsody", poiché Iannoli si confidava apertamente con la madre sull'efferato delitto commesso, come emerso dalle intercettazioni ambientali. Un'importante conferma di natura tecnico-scientifica è giunta dalle analisi specialistiche eseguite dalla Sezione Balistica del R.I.S. di Roma su 14 bossoli di AK 47 ,repertati dalla Sezione Investigazioni Scientifiche del Nucleo Investigativo Carabinieri di Foggia sulla scena del crimine, a seguito delle quali e' emersa la compatibilità dei bossoli con il fucile mitragliatore con il quale, il precedente 21 marzo 2018, lo stesso Giovanni Iannoli aveva già tentato di uccidere Marco Raduano. A seguito di tale vicenda per la quale Iannoli è stato poi condannato in primo grado a 14 anni e 6 mesi di reclusione, unitamente al cugino Claudio. Sempre i cugini Iannoli, in primo grado, sono stati condannati a 20 anni di reclusione a testa nell'ambito dell'inchiesta "Agosto di fuoco". Nell'ordinanza di custodia cautelare, il gip del Tribunale di Bari ha riconosciuto la sussistenza dell'aggravante mafiosa, sia con riferimento al c.d. "metodo mafioso", sia riguardo all'agevolazione della compagine organizzata facente capo a Girolamo Perna, nell'ambito della guerra di mafia intercorsa con la fazione contrapposta ,facente capo a Marco Raduano. In ultimo, si sono aggiunte le importanti dichiarazioni rese dai primi collaboratori di giustizia dell'area garganica, dapprima Giovanni Surano, alias "lupin", seguito dall'ormai ex capo clan Danilo Pietro Della Malva, alias "u'meticc". La collaborazione fornita da entrambi avrebbe confermato gli elementi probatori, gia' raccolti dagli investigatori dell'Arma e della Polizia di Stato. La volontà di collaborare con la giustizia manifestata dai due neo collaboratori ed i conseguenti interrogatori resi di fronte ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia barese, rappresentano uno sviluppo rilevante dell'azione di contrasto alle mafie pugliesi, ottenuto grazie alla enorme pressione che la "Squadra Stato" sta esercitando su tutto il territorio Foggiano.

Foto © Imagoeconomica

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