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colombo-gherardo-webdi Sondra Coggio - 24 agosto 2015
La Spezia - "Perché sia corrotto il vertice è necessario che sia corrotta la base". Gherardo Colombo è lapidario. Asciutto, come ai tempi in cui il pool della Procura di Milano era al centro della scena, perché aveva scoperchiato il malaffare di Tangentopoli. "I giornalisti ci inseguivano anche al gabinetto - confida - per fortuna però dopo la porta si fermavano…". Colombo ha scritto - con Antonio Di Pietro e Pier Camillo Davigo - una pagina di storia italiana: con l'inchiesta Mani Pulite. Dopo di che, otto anni fa, ha lasciato la magistratura. Alla festa del libro di Montereggio, paese dei librai, il magistrato di Briosco Monzese ha risposto con lucidità alle domande sull'Italia che va. E ha puntato il dito contro i cittadini tutti: incapaci di rispettare la legge, e corrotti nelle piccole cose, al punto da esprimere poi rappresentanti che praticano a loro volta la corruzione, a livelli molto più alti. Colombo vanta 33 anni di toga alle spalle, e consulenze con le commissioni parlamentari di inchiesta sul terrorismo, dal 1989 al 1992, e sulla mafia, dal 1993, oltre ad un incarico di vigilanza in Rai, e la presidenza della Garzanti. Nel 2008 ha ricevuto il premio nazionale per la cultura della pace. Ha firmato numerosi libri, sulle regole, sulla legalità, sui diritti, sulla democrazia e sul perdono responsabile. Ed è un caso raro, di un magistrato illustre, che lascia la magistratura per dedicarsi alla divulgazione della legalità.

Dottor Colombo, perché quel ritiro dall'attività penale?
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Io mi sono dimesso dalla magistratura nel 2007. Avrei potuto continuare a fare il giudice in Cassazione per altri 14 anni. La mia decisione è dipesa da una convinzione che ho progressivamente maturato: perché questo paese esca da una situazione di corruzione così diffusa, così capillare, che sta dappertutto, non basta il processo penale. Si deve educare alle regole, alla legalità. Partendo dai ragazzi: più disponibili a cambiare idea".

Il processo penale, da solo, non basta?
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La dimostrazione che il processo penale non serve, per fermare la corruzione, mi è stata data dalla vicenda di “Mani Pulite”. Abbiamo lavorato per anni e anni, e non mi sembra che la situazione sia particolarmente cambiata…".

Corruzione ieri, corruzione oggi: come se ne può uscire?
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E' necessario cercare di agire sul livello e sul piano culturale, e soprattutto con i giovani, perché gli adulti hanno una storia dietro le spalle, e questa storia in qualche misura li condiziona. Perché noi abbiamo una esigenza di coerenza, abbiamo bisogno di giustificare quello che abbiamo fatto. E quindi, siamo meno liberi dei ragazzi che di passato ne hanno molto meno alle spalle, e allora sono più disponibili a recepire e accettare idee diverse rispetto a quelle che generalmente circolano".

Dal 2007, ha pubblicato moltissimi libri, sulle regole, e ha incontrato tantissimi ragazzi, nelle scuole…
"Quando potevo, andavo già comunque nelle scuole. Le occasioni erano però abbastanza rare, a causa degli impegni di lavoro. Dal 2007 vedo 50mila ragazzi l'anno, dalle elementari alle superiori, un po' da tutte le parti d'Italia".

Lei disse all'epoca al Corriere, lasciando la magistratura, che l'Italia è un paese che non crede alla legalità…
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Lo penso tuttora, io credo che sia così. In effetti, anche se la cosa non ci piace, la diffusione della trasgressività e il mancato rispetto delle regole e la corruzione, sono tutte figlie di un certo modo di pensare. A me sembra che noi continuiamo a essere sregolati…".

Le regole invece servono?
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Sì. Basta essere in due. Ci si deve dare una regola, anche solo per coordinare cosa si fa. Ebbene: noi continuiamo a seguire le regole che c'erano prima della Costituzione, che dividevano la società in scala, in gerarchie: chi sta in alto comanda, chi sta in basso obbedisce".

E' una specie di piramide…
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E' una struttura piramidale: risultato di una serie infinita di piccole piramidine che sono organizzate attraverso lo stesso modo, sono organizzate attraverso la discriminazione. Che vuol dire poi una distribuzione del valore e della dignità delle persone, in modo che c'è chi vale tanto e chi proprio poco. E questo anche nell'ambito della famiglia, spesso".

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Una situazione difficile…
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Siamo un paese in cui una fetta consistente della cittadinanza si relazione come se avesse nell'animo ancora lo spirito della sudditanza che non lo spirito della cittadinanza. E per cambiare è necessario impegnarsi molto, perché si può cambiare solo se si cambia idea, e l'idea non si cambia solo per la minaccia della punizione".

E' un tema che le è caro: più volte ha detto che un conto è educare all'obbedienza, cosa più facile, altra cosa è educare alla libertà…
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Il cambiamento deve partire dalla testa, per convinzione. L'obbedienza non consente un cambiamento".

All'estero, il politico colto in fallo, deve dimettersi. Qui no. Qui si assiste a fatti come il funerale del boss Casamonica, con tutti gli onori, a Roma…
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Pensiamo al caso del cancelliere Helmut Kohl, che pure aveva fatto cose eccezionali, abbattuto il muro di Berlino, unificato le due Germanie. E' scomparso nel momento preciso in cui è stato accusato di aver preso soldi per il suo partito. I cittadini tedeschi mai e poi mai avrebbero consentito di farsi governare da una persona accusata di aver fatto questo. E in Italia, invece? Succede lo stesso?".

No, appunto: perché non succede?
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Le cose hanno delle cause. Non succede, perché la corruzione è estremamente diffusa, ed il mancato rispetto delle regole è la quotidianità di questo paese, per partire dalle cose più banali e trascurabili come il divieto di sosta e guidare telefonando al vigile che fa la spesa gratis e non controlla la bilancia del salumiere, l'ispettore del lavoro che non si accorge che in cantiere manca la sicurezza, per una bustarella, qualche po' di banconote in cambio, potrei fare un elenco molto lungo di queste cose. E siccome i cittadini fanno queste cose, poi le esprimono con dei rappresentanti che sono in sintonia".

Cosa si deve fare, allora?
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Si deve lavorare nella propria testa, per riuscire a capire che tutto questo, invece di avvantaggiare danneggia".

Lei crede sia possibile?
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Non sarei qui, non andrei nelle scuole, se non ci credessi. Negli incontri con i ragazzi vedo che esiste una disponibilità al coinvolgimento, molto elevata. Continuiamo a pensare i ragazzi siano come indolenti, menefreghisti: il difetto invece secondo me sta nel manico, siamo noi che non siamo capaci di coinvolgerli".

I bambini pongono domande difficili?
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Dipende da come li preparano gli insegnanti. Spesso sì. Hanno cercato di corromperti? Un bambino ancora nella pancia della mamma è un cittadino oppure no? E la differenza fra stato e nazione?".

Nel suo ultimo libro, "Lettera a un figlio su Mani Pulite”, ha ricostruito il sistema delle tangenti in politica. Un sistema preciso, con le percentuali riferite a chi dovesse prendere quanto. In un contesto diverso, Carmine Schiavone, il pentito di mafia che ha denunciato il fenomeno della terra dei fuochi, ha raccontato al Secolo XIX di un analogo sistema di tangenti. Allora il Nord non è la parte sana dell'Italia, in fondo i meccanismi sono simili…
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Al Nord, forse qualche diversità c'era. Diciamo che era più difficile, ad esempio, vedere opere non finite. A me viene in mente una associazione di ragazzi, che in Sicilia, durante “Mani Pulite” andavano a fotografare le opere incompiute, facevano la cartolina e lo mandavano anche a me, e ne avevo un mazzo così. E tuttavia… Ricordo un caso, di una strada che finiva sul cimitero non tanto lontano da qui…".

Scandali del genere ce ne sono stati anche qui…
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Al Nord un pochino più difficilmente succedeva che le opere restassero non finite. E però, all'epoca mi succedeva di notare una autostrada per chilometri costruita su piloni in pianura. Mi veniva da dire, qui qualcuno… Passava qualche mese ed emergeva la notizia di reato». E spuntava una piccola Tangentopoli… «La giustificazione di tutto questo, era individuata nella necessità dei partiti di avere soldi per promuoversi. La corruzione era molto legata al finanziamento illecito dei partiti. Cosa che non credo sia più oggi. Succedeva che i partiti ricevessero veramente tanti soldi in questo modo, e poi rimaneva qualcosa attaccato a chi maneggiava… Sapete i soldi sono molto appiccicosi… Era una situazione che veniva vista come quasi necessaria, fra i politici, era una pratica estremamente diffusa…".

La vostra inchiesta non ebbe una vita facile…
"Ero in magistratura ormai da vent'anni, ero un bravo ragazzo…nel senso che non mi era mai successo di avere un rilievo né niente… Dal 1994, ho avuto cinque procedimenti disciplinari. La Procura di Milano ha avuto plurime ispezioni. E poi, a un certo punto alla Procura di Brescia, competente per i carichi sui magistrati milanesi, avevamo delle iscrizioni carichi pendenti da far invidia ad un discreto capo bastone…".

Siete stati bravi, va riconosciuto, e coraggiosi. C'è don Abbondio e c'è chi dice no…
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Quando abbiamo scoperto la P 2, l'impegno c'era bene. E però…Io credo che Mani Pulite sia stata la conseguenza di un cambiamento dopo la caduta del muro di Berlino, che è un simbolo, superandosi quell'assetto si è disorientato il blocco di potere che in Italia esisteva… Esiste una convinzione generale secondo cui i magistrati ad un certo punto decidono, e dicono: “Facciamo questa cosa qua”. Non è vero. E' iniziato da un caso, ed è capitato che quella volta nulla abbia impedito che l'inchiesta andasse avanti. Mentre prima succedeva regolarmente, che qualcosa impedisse di andare a vedere in determinati cassetti".

Lei veniva da un'altra inchiesta clamorosa, quella sulla P2…
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Sarebbe stata svelata dieci anni prima, anche Tangentopoli, se l'indagine sulla P2 fosse rimasta a Milano, anziché essere trasferita".

Ecco, appunto, ci sono magistrati che vanno avanti…
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Da un singolo episodio, che ruotava attorno ad una richiesta di denaro, da parte di Mario Chiesa, si arrivò a svelare il sistema: solo perché il potere era disorientato e non ha potuto ricorrere alle contromisure che metteva in pratica precedentemente".

E però non tutti i magistrati …
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La magistratura ha la funzione di controllare, mica tutti controllano, purtroppo è così…".

E quando accade, il potere non apprezza… Lei ha detto anche che “non è mai piaciuto al potere un magistrato che pensa”.
"A proposito della P2, nel corso dell'inchiesta, a un certo punto la politica non riusciva a capire perché noi andassimo avanti… Si chiedevano: “ma questi qua risponderanno ben a qualcuno, ci sarà qualche partito che possa dire loro smettetela, non si capacitavano…”. Era perché allora la magistratura era in larga parte dipendente, c'erano ancora quanti avevano costruito la propria carriera in epoca di fascismo. Nel 1981 ce n'erano ancora tanti…".

E allora…
"E allora il potere non sopporta la magistratura quando fa quello che dovrebbe, controllare in modo assolutamente indipendente. Al potere non piace la gente che pensa. Non piaceva, soprattutto in passato: forse anche adesso, qualche volta. Perché destabilizza. Alla fine anche la magistratura è abbastanza una corporazione. Pensare vuol dire anche essere critici. Anche nei confronti di quello che fa la magistratura".

Perché la società cresca, ciascuno deve fare la sua parte: fin dalle piccole cose?
"Bisogna pensare alla responsabilità che si ha. Facendo qualsiasi cosa. Il magistrato, ma anche facendo il giornalista. L'etica… a volte si ferma, laddove si pensa: tutto quello che ricevo pubblico. Attenzione: è pubblicabile, sì. Però le notizie prima di pubblicarle, ci si dovrebbe pensare un pochino. Un pochino di…".

Tratto da: ilsecoloxix.it

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